3 settembre 2010

The amazing Gheddafi Show

lezioni di Corano


PUM. PUTU-PUM.

CLANG. SDEGHE-DENG.

Le prime le palle, le seconde le maschere. Il discorso dell'altro giorno di Gheddafi è riuscito a far cadere di tutto. A far da cornice le discutibili e alquanto ridicole celebrazioni del secondo anniversario per il Trattato di amicizia italo-libico, evento in perfetto, pomposo, stile colonialista per celebrare la presunta fine del colonialismo. Festival di cattivo gusto, bassi istinti e goliardiche pagliacciate, nello stile a cui Gheddafi ci ha abituato, mostrandoci una versione alternativa dell'Italia berlusconiana in altre circostanze storico-politiche.
Il clima aveva quindi già di suo una certa tendenza ad attrarre gli oggetti al suolo, ma a dare il via ufficiale alla sequela di cadute di maschere e palle sono state le parole del Colonnello, più o meno queste:
"La Libia chiede all’Unione Europea che l’Europa offra almeno cinque miliardi di euro all’anno per fermare l’immigrazione non gradita. Bisogna sostenere questo esercito che combatte per fermare l’immigrazione, altrimenti l’Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. La Libia è l’ingresso dell’immigrazione non gradita, dobbamo lottare insieme per affrontare questa sfida. L’Italia deve convincere i suoi alleati europei per applicare la proposta libica".
Inaspettatamente per un tale festival della retorica, si sono finalmente dette le cose come stanno: dietro alle ipocrite dichiarazioni che un dittatore sanguinario fa rispetto alle "ingiustizie coloniali", dietro le patine dorate e i sorrisi di falsa amicizia, dietro gli eventi da rivista di gossip, le lezioni di corano, le amazzoni e i cavalli berberi, lo scandalo e il clamore, dietro tutto questo baraccone c'è un solo accordo cruciale: quello economico. Soldi in cambio di uomini. In cambio del contenimento di uomini. Una tratta di schiavi al contrario, dove si paga per impedire ai disperati di fuggire dal proprio paese, o quantomeno per bloccarli appena al di là della linea dell'orizzonte. Come e con quali mezzi non importa, quello che conta è che l'opinione pubblica non ne sappia niente, non senta parlare di disastri marittimi e di respingimenti in acque aperte. Soldi spesi per spegnere anche l'eco di quel grido di miseria e disperazione che giunge dalle sponde meridionali del Mediterraneo.
Schiavismo al contrario accompagnato da un razzismo anch'esso di segno opposto, un capo di stato africano che fa appello ai più bassi istinti, alle più fosche paure come e meglio dei leader di casa nostra, lasciando intendere il pericolo di un'Europa che “potrebbe diventare nera” in mancanza del suo ruolo di guardiano delle porte africane. Gheddafi riesce sempre a stupire.

Stando al rapporto 2010 di Amnesty International in Libia "il ricorso alle frustate per punire le adultere, la detenzione a tempo indeterminato e le violenze nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, così come i casi irrisolti di sparizioni forzate di dissidenti sono all'ordine del giorno.(...) Le violazioni dei diritti umani continuano a essere commesse dalle forze di sicurezza, in particolare dall'Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo. Queste persone possono essere trattenute senza contatti con l'esterno per lunghi periodi di tempo, torturate e private dell'assistenza legale."

Un'alleanza è prima di tutto una condivisione di intenti, obiettivi e valori.
Noi siamo alleati alla Libia, quindi condividiamo tutto ciò, in spregio ai più basilari accordi internazionali in tema di diritti umani. Se ne prenda atto.

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