31 gennaio 2013

Portaburro reloaded

Wilson

L’impressione è quella di perdere i lacci.

Guardi il tuo paese da lontano e non riesci più a capire tanto bene come funziona. O quantomeno non ci riesci bene come prima. Sarà che è un universo complesso, fatto al contempo di Monti e di Corona; di peccatori vaticani e santoni da bar; di barconi e di crociere; ritrattazioni e accuse; di sì e di no sugli stessi argomenti, a volte con alle spalle le medesime argomentazioni. Un microcosmo che richiede dedizione, che non si fa interpretare dal primo che passa, che bisogna saper leggere tra le righe delle note a bordo pagina, nelle scritte sui muri dei cessi pubblici, a volte sugli striscioni in curva degli ultrà. Non basta mica sfogliare ogni tanto qualche blog e dare saltuariamente una sbirciata a Repubblica.it.
La testa dell’Italia concede sì la comprensione, ma pretende l’anima in cambio.
O forse mi sbaglio? Non ricordo più bene.

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26 gennaio 2013

Urti, deviazioni

I look for the unguarded moment, the essential soul peeking out.
Steve McCurry

S. McCurry - Afghan girl

Ci si sbatte addosso l'un l'altro, in continuazione, ma spesso non lo si nota nemmeno.
Funziona come con le fotografie: ogni istante in ogni luogo è immagine potenziale, ma per afferrare in uno scatto il manifestarsi della vita ci vuole allenamento, fortuna e istinto.
È che ci sono momenti che valgono di più di altri, almeno nella forma, o nel contenuto, o nel senso generato da un qualche strano incrocio tra i due. Non si tratta solo di imprimere su pellicola una somma di luci ma di afferrare in un istante quella che è la chiave di un processo in divenire, passato e futuro annessi. Una buona foto è sempre più grande della sua cornice.

E fin qui si parlava di fotografia. Ma come pellicole funzionano le persone e le tensioni che tra esse si creano: incontri casuali, se realizzati nel modo, momento e luogo opportuni sono in grado di imprimersi a fondo e di aprire nuove porte; svelare altri percorsi; cambiare più o meno in grande il corso di vite intere.
O di risemantizzarne intere frazioni.
E' più scienza che destino.
Ogni volto incrociato è un nuovo esistere in potenza, il seme di una deviazione, l'ombra d'una nicchia in cui riposare. La differenza, carpe diem, la fa l'abilità nel saper cogliere l'indizio, nel seguirne la traccia. E poi veder cosa succede. E' anche un po' una scommessa, un pescare alla cieca senza sapere bene l'eredità che ogni volto porta con sé.

Ci si sbatte addosso in continuazione, si inciampa nella vita di altra gente e spesso non lo si nota nemmeno. L'esistenza in viaggio per questo è scuola: altrove da casa son meno rigide le sbarre tra cui ci si muove, l'occhio più vigile, tese le antenne e acuito l'olfatto con cui si scandaglia il resto dell'umanità. Ma è uno stato di grazia difficile da conservare, quel sesto senso migratore: una volta tornati il conosciuto riprende il sopravvento, si fa guscio che annebbia lo sguardo, vecchie gabbie interpretative ripiombano rigide in testa. Sulle vie note i passi si susseguono troppo sicuri per far veramente attenzione a dove il piede va a poggiare.
E così intere fette di futuro se ne passano davanti agli occhi incuranti, messaggi in bottiglia alla deriva ignorati e perduti magari per sempre. Un'opzione che scompare. Una via laterale che svanisce alle spalle, non si saprà mai per portare dove.

E' uno stato di coscienza difficile da conservare, ma forse l'unica cosa che davvero resta presente, utile e viva, mentre fotografie ingialliscono su mensole impolverate o si smagnetizzano lente, dentro cartelle di vecchi hard disk.
I viaggi, più che processione di luoghi sperduti, sono vite sconosciute attraverso le quali passare.
Non andrebbe scordato mai.

17 gennaio 2013

Mnemosyne

Un post ibrido, metà edito e metà no. La nuova pagina di Downunder Report, il diario col senno di poi, su A nordest di che:


Melbourne, la città dalle quattro stagioni in un giorno.
O in una settimana, quantomeno.
A volte è un attimo, e il sole che spacca il cranio viene ingoiato da nuvole pesanti, e l’acqua vien giù a scrosci, a secchi, a cascate. Piove come se tutti gli angeli incontinenti del paradiso si fossero messi a pisciare in una volta sola, un diluvio che pare non debba ceder spazio ad alcun domani. Ogni giorno è diverso, non si sa mai cosa aspettarsi. Melbourne, l’imprevedibile, la amo anche per questo.

Oggi è il vento che domina le strade.
Che poi non è una novità. Ma questo è un vento più feroce del solito, rovente, un vento che asciuga gli occhi e alleva incendi. Aria di fucina, più che di città...


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10 gennaio 2013

Letterina di Natale

Riceviamo e pubblichiamo leggermente in ritardo. Tipo di un anno.

Lettera aperta a un musicista della Salvation Army

Mio giovane e poco talentuoso amico,
oggi voglio essere franco con te: ogni volta che mi capita di incrociarti, mentre ti esibisci coi tuoi altrettanto giovani e inesperti compagni in coppie d’archi o terzetti di ottoni di fronte a Woolworths o fuori dalla State Library, un brivido mi percorre la schiena. Ma non fraintendermi, ciò non è dovuto all’evidente lacunosità con cui ti sei dedicato allo studio dello strumento, alla mancanza di senso del tempo, ritmo e coordinazione che spudoratamente esibisci o anche solo alla tua evidente incapacità di mettere più di quattro note intonate in fila.
No, la scarica che mi rattrappisce la spina dorsale ogni volta che ti vedo apparire, che mi mette tutto in subbuglio come un Allegro Chirurgo in scala 1:1 a cui hanno rimosso l’osso sbagliato, è dovuta a ben altro.

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5 gennaio 2013

God has eaten the man


La fantascienza, quella buona, ripiega il passato sul futuro, legge le ombre che ciò che è stato proietta su quel che sarà. E' una narrativa visionaria al quadrato, bidirezionale: disegna figure ipotetiche utilizzando i colori della contemporaneità, dotandole di profili fin troppo verosimili.
L'immagine del futuro, in ogni tempo, non è altro che la rielaborazione di ciò che è successo, che succede; la fantascienza è allora la lettura della sfera di cristallo della storia: l'arte del prendere in prestito il domani per dare struttura a ciò che spesso è ancora troppo vicino per essere pienamente afferrato. Disciplina storica invertita: raccontare ciò che sarà per dar conto di quel che sarà stato.

Sono gli anni '60 quando Dick scrive La svastica sul sole. La guerra è finita già da un po', certo, ma uno dei problemi che caratterizzano la produzione dickiana sta nella distinzione tra reale e irreale; e, per tale esercizio, in fanatismi sono campo ideale. Un esempio di come, spesso, la narrativa fantascientifica presenti anche riflessi che non hanno nulla da invidiare alla letteratura "alta" che l'ha sempre snobbata:

La loro visione è cosmica.
Non un uomo qua, un bambino là, ma esclusivamente l'astrazione: la Razza, la Terra. Volk. Land. Blut. Ehre. Non uomini onorevoli ma il puro Ehre, l'Onore. L'astratto è sostanza, il reale gli è invisibile. Die Güte, la Bontà, ma nessun buon uomo, non quest'uomo. E' la loro percezione dello spazio e del tempo. Loro guardano, nonostante il qui e l'ora, nella grande oscurità che sta oltre, nell'immutabile. E ciò è fatale alla vita. Perché alla fine non ci sarà più vita.
C'era una volta nello spazio solo polvere di particelle, il caldo gas d'idrogeno, nient'altro. E così sarà di nuovo. E' tutto temporaneo. E questi - questi pazzi - rispondono al granito, alla polvere, alla volontà dell'inanimato; loro combattono per Natur.

E, pensò lui, io so perché. Loro vogliono essere gli agenti, non le vittime, della storia. Si identificano con il potere di Dio e a Dio si credono simili. Questa è la loro sostanziale follia. Essi sono sopraffatti dall'archetipo; il loro ego si è espanso psicoticamente e ora non sono più in grado di dire dove finisce il loro essere e dove inizia la divinità. Non è arroganza, non orgoglio; è il rigonfiamento dell'ego al suo ultimo stadio - la confusione tra chi adora e ciò che viene adorato.
L'uomo non ha mangiato Dio; è Dio che ha ingoiato l'uomo.

Testo originale:
Their view; it is cosmic.
Not a man here, a child there, but an abstraction: race, land. Volk. Land. Blut. Ehre. Not of honourable men but of Ehre itself, honour; the abstract is real, the actual is invisible to them. Die Güte, but not good man, this good man. It is their sense of space and time. They see thought the here, the now, into the vast black deep beyond, the unchanging. And that is fatal to life. Because eventually there will be no life; there was once only the dust particles in the space, the hot hydrogen gases, nothing more, and it will come again. It's all temporary. And these - these madmen - respond to the granite, the dust, the longing of the inanimate; they want to aid Natur.
And, he thought, I know why. They want to be the agents, not the victims, of history. They identify with God's power and believe they are godlike. That is their basic madness. They are overcome by some archetype; their ego have expanded psychotically so that they cannot tell where they begin and the godhead leaves off. It is not hubris, not pride; it is inflation of the ego to its ultimate - confusion between him who worships and that which is worshipped.
Man has not eaten the God; God has eaten the man.
Philip K. Dick “The Man in the High Castle”/"La svastica sul sole", New York, 1962.
Traduzione mia

1 gennaio 2013

Dichiarazione d'inizio anno, propositi nebulosi, ristrutturazioni low cost

Se c'è un tempo per tutto, gli anni nuovi sono il momento ideale per far buoni propositi, finché ancora ci si crede; tendenza che poi, casistica alla mano, rivela tutta la sua essenza di profondissima cazzata. Però è incontestabile che, dato un calendario più o meno gregoriano, la casella in altro a sinistra della prima pagina si presti particolarmente bene come punto d'inizio per una qualunque cosa.
E' una questione più geometrica che temporale.
Stesso discorso vale per la rifondazione di cose che un passato l'hanno già. E' così che Acrilico cambia forma - o quantomeno ciò si propone - rimanendo però sempre fedele alla sostanza saltuaria e altalenante che lo contraddistingue.
Una rinascita che magari sta a simboleggiare pure un rinnovamento personale.
Ma forse anche no.
E' che il primo gennaio è un buon momento per farsi certe idee.