28 agosto 2012

Il volto del nemico


Finger food, sottofondo jazz e vassoi di champagne che fanno la spola tra giacche scure e tight, prede favorite di cravatte e papillon. I Tanks di Cairns sono l'equivalente queenslander dei magazzini del sale cervesi, solo più grandi. E postindustriali.
Il sipario nero si apre sulla band che attacca una rumba svelta, piatti su tovaglie scure, riflettori sparsi e centritavola le cui candele pendenti fanno del loro meglio per dare un'impressione upper-class. Prima che le posate inizino a lavorare feroci il Comandante in Capo sale sul podio, all'angolo del palco. Un discorso breve e sentito che parla di coraggio, risolutezza, forza.
Successo.
Dividendi, investimenti, azioni, guadagni.

È un piccolo ritrovo del Capitale quello che qui si offre alla vista. Festicciola autocelebrativa di una delle tante inconsce filiali del Sistema sparse per il mondo. Operatori finanziari che fanno a gara a chi fa più ore dietro la scrivania, che collezionano magre targhe utili a darsi un tono e coprirsi le spalle, che confrontano numero e corposità di transazioni, giocando al braccio di ferro dell'economia.

Hanno facce normali, tratti non particolarmente distintivi: pappagorge e vene varicose, guance scavate e gambe di merlo. A cambiargli i vestiti potrebbero essere chiunque, professori, contadini, salumieri, operai.
In realtà sono quelli che stringono i lacci emostatici delle nazioni. Sono quelli in grado di far crollare le economie.
Vedere il Nemico in faccia è sempre un po' deludente. Si mostra sempre un po' più piccolo, ottuso, un po' più umano di come te lo figuravi.

Il volto dei cattivi, nella vita reale, è di un'inaccettabile banalità.

15 agosto 2012

I neozelandesi

I neozelandesi hanno qualcosa. Qualcosa di strano, la cui incidenza sovrasta largamente ogni media statistica. Ognuno con un tocco, un segno variamente marcato che gli dona un'eccentricita' tutta particolare. E' una percezione che hai quando ci parli: appaiono come te, si esprimono come te, condividono con te buona parte del patrimonio genetico (molto piu' di quanto sarebbe opportuno aspettarsi a queste latitudini se non fosse per i passatempi coloniali dei nostri vecchi), ma.
Non e' tanto che manchi una rotella, quanto l'impressione che la' dentro ci sia qualche ingranaggio un po' sdentato, meccanismi differenti in movimento. Dev'essere qualcosa che ha a che fare con lo stare a cavalcioni sull'orlo del mondo, su uno degli ultimi avamposti del traballante Impero, affacciati su un Pacifico che non e' altro che un blu punteggiato di arcipelaghi distanti; manciata di uomini sull'ultima roccia, ai confini della mappa, che ancora ha senso chiamare stato. Ultimi coloni immersi in un ambiente dall'odore ancora primordiale, linea di trincea dove la Storia non ha mai concesso numeri sufficienti all'uomo per dominare.
Poi ti accorgi che a essere sbagliati sono i parametri.
E' una considerazione che emerge lenta. Verita' forse banale, ma mai constatata sulla pelle sinora: non e' solo il passato, la cultura, la societa'. E' anche, in primis, la terra su cui poggiano i piedi a dar forma a chi sei.