29 novembre 2010

Balbettare in (web)TV

Politicamente scorretto

Questo weekend il sottoscritto ha realizzato una piccola collaborazione coi bravissimi ragazzi di Blogos in occasione della sesta edizione del festival Politicamente scorretto, tenutosi come ogni anno a Casalecchio di Reno.
Nella fattispecie si è trattato di intervistare una paio di personaggi quali Carlo Lucarelli (che non ha bisogno di presentazioni) e Marcello Fois (no, neanche io sapevo chi era fino a un'ora prima dell'intervista. E' uno scrittore e un sacco d'altra roba).

Come da programma la somma "notorietà dei personaggi"+"prima volta davanti a una telecamera" ha devastato la mia sicurezza. Evidente indice di tensione è dato del numero spropositato di volte in cui uso il termine "chiaro".
Anche se poi cosa mi rispondevano l'ho scoperto riguardando le interviste.

In ogni caso, ecco il corpo del reato:





...e molte altre interviste a giornalisti, magistrati, scrittori e intellettuali vari! Tutto ON-LINE!

26 ottobre 2010

Confuso resoconto di viaggio

...che dopo un viaggio ti aspetti di tornare e scrivere in scioltezza uno di quei post davvero riflessivi, evocativi, belli. Che chi lo legge ci si trova proiettato dentro ai luoghi in cui sei stato, ne coglie atmosfera, odori, sensazioni sottili.
E invece poi non è così che va. Forse sei tu che manchi un po' di spirito. O magari funziona solo in modo diverso.
Un viaggio, per breve che sia, non è un album fotografico ma un intreccio, un gorgo dove tutto si rimescola, si fonde senza confini netti, passa privo di controllo da uno stato all'altro.
E ti piace quando ti sa stupire.
Poi se non altro l'altrove è un buon punto d'osservazione - abbastanza elevato e distante - per poter contemplare sé stessi.

Imparato qualcosa? Probabilmente. Magari a pronunciare qualche parola in una lingua tutt'ora sconosciuta, a guardare oltre la mera superficie delle montagne, ad apprezzare una certa risata col naso arricciato. Magari a chiedere due volte la destinazione di un autobus, prima di salirci spensieratamente a bordo.
Altro? Chissà. Come se ogni insegnamento potesse sempre essere chiaro, netto, catalogabile e descrivibile con lucide parole.
Che squallore sarebbe allora.
No, un viaggio non è un album fotografico ma un fluire e rifluire verso nuovi stati, come onde sulla battigia. Una risacca in cui si spera di essere riusciti, tornando indietro, a coglire qualche granello di sabbia da poter conservare un po' più a lungo con sé.

8 ottobre 2010

Animal farm (il crollo del quarto potere)

Animal Farm

Bisogna risalire fino alla Grecia Classica per rintracciare le origini dello stato di diritto. Di suddivisione del potere tra più entità parlavano già Platone e Aristotele. Un principio dalle radici antiche fondamentale per impedire a uomini senza scrupoli di piegare il potere alla propria volontà.
Da lì nasce la tripartizione dello stato moderno in aree distinte, ognuna col compito di vigilare sulle altre due, porre paletti per impedirne lo sviluppo incontrollato, salvaguardare l'integrità della democrazia. Meccanismo non perfetto, ma meglio di niente. A tutto ciò si aggiunge poi un'altro elemento, il quarto potere: la Stampa.
La stampa "cane da guardia della democrazia": libera, critica e indipendente. Un'entità il cui diritto/dovere fondamentale consiste nel denunciare i trucchi del potere, le sue commistioni, i suoi sporchi traffici.

La situazione dell'antico trittico nell'Italia del 2010 è sotto gli occhi di tutti: potere esecutivo e legislativo in mano al medesimo potentato, affiancati da un potere giudiziario massacrato, delegittimato, attaccato ogni qualvolta, nel fare il suo lavoro, tocca inavvertitamente le sfere degli altri due.
Il quarto potere invece ancora si salvava. Stampa buona e stampa cattiva, certo, ma comunque un baluardo in cui poter riporre un briciolo di fiducia. Una volta faceva paura, la stampa.
I giornali venivano chiusi, le redazioni messe sotto sequestro, armate di sbirri venivano inviate a perquisire stamperie semi-clandestine. Quanti ciclostili sono passati dalle questure negli anni '70.
Poi si capì che l'errore stava nel metodo.
I giornali non andavano chiusi ma finanziati, comprati, fondati. Il pazzo cerca di distruggere la bomba atomica del vicino, il saggio se ne costruisce una propria.

La preoccupazione manifestata da alcuni (la FNSI in primis) per la perquisizione alla redazione del Giornale è ipocrita e assurda. Quello che si spacciava come un quotidiano da tempo non era altro che una milizia. Ben armata, per giunta.
Articoli che suonavano come raffiche di mitra, editoriali che erano colpi di obice. Mine anti-uomo ovunque.
Un giornale che appoggiandosi ad un impero editoriale è riuscito a minare anche il quarto pilastro della democrazia.
L'inizio della storia, come fa notare D'Avanzo su Repubblica di oggi, è concentrato in una frase:

"Risponderò colpo su colpo"

Promessa mantenuta. E' la storia di Veronica Lario accusata di adulterio; di Boffo indicato come omosessuale; del giudice Mesiano e dei suoi calzini azzurri; del mancato dossier su Caldoro progettato da una cosa che venne chiamata P3; delle case a Montecarlo e di chissà quanto altro.
Fino ad arrivare alla Marcegaglia.

La stampa ridotta all'ombra di sé stessa, screditata dall'interno, al servizio di un potere in pieno delirio, arrogante, ipertrofico e privo di controllo.
La stampa entrata in quel porcilaio dove alcuni sono più uguali degli altri e uscitane sporca del medesimo fango.

Un cane da guardia idrofobo, feroce, addestrato a colpire alla gola.

6 ottobre 2010

Anna Politkovskaja

"La Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue. In guerre civili. Io non voglio che accada di nuovo."

Bang. Bang.
Due colpi. Precisi. Testa e cuore. Silenzio.
6/10/2006


Anna Politkovskaja

Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me.

Eppure tutti i più alti funzionari accettano d'incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un'indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all'aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto.

È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci: erano queste le condizioni in cui lavoravo durante la seconda guerra in Cecenia, scoppiata nel 1999. Mi nascondevo dai soldati federali russi, ma grazie ad alcuni intermediari di fiducia riuscivo comunque a stabilire dei contatti segreti con le singole persone. In questo modo proteggevo i miei informatori.

Dopo l'inizio del piano di "cecenizzazione" di Putin (ingaggiare i ceceni "buoni" e fedeli al Cremlino per uccidere i ceceni "cattivi" ostili a Mosca), ho usato la stessa tecnica per entrare in contatto con i funzionari ceceni "buoni". Molti di loro li conoscevo da tempo dato che, prima di diventare "buoni", mi avevano ospitato a casa loro nei mesi più duri della guerra.
Ormai possiamo incontrarci solo in segreto perché sono considerata una nemica impossibile da "rieducare". Non sto scherzando. Qualche tempo fa Vladislav Surkov, viceresponsabile dell'amministrazione presidenziale, ha spiegato che alcuni nemici si possono far ragionare, altri invece sono incorreggibili: con loro il dialogo è impossibile. La politica, secondo Surkov, dev'essere "ripulita" da questi personaggi. Ed è proprio quello che stanno facendo, non solo con me.

4 ottobre 2010

Dio, il Presidente e intermediari

Arkanoid title=

Cioè, non è che io creda davvero che l'ultima uscita di un prelato qualunque possa avere un reale peso nel peggiorare la già gretta situazione socio-politico-culturale italiana, però son cose che fanno incazzare. Oltretutto la figura del suddetto esponente del clero ha probabilmente un peso pari a zero al di fuori del suo territorio d'azione (delimitato, come ben si sa, da studi televisivi e chiese contro cui riesce a far pipì). Al massimo le sue parole potranno infierire su cervelli ormai spacciati, null'altro.
E' noltre prevedibile che l'opinione in questione verrà presto oscurata da qualche ben più plateale esternazione fatta da uno qualsiasi dei personaggi che in ordine gerarchico stanno sopra monsignor Fisichella. Gerarchia composta da già non pochi uomini in terra, che si amplia notevolmente se si vanno a calcolare anche cherubini, serafini, dominazioni, arcangeli e su su per tutte le cerchie angeliche fino al Sommo in persona che - diciamocelo - pure lui le sue cazzate le ha fatte. Ad esempio quella fissazione per il celibato non è che abbia dato proprio i suoi frutti migliori.

In ogni caso bisogna convenire che dopo anni che la menano col relativismo di qua e il relativismo di là, l'integrità morale della chiesa e cazzi vari, fa un po' girare le palle sentire sto tizio che va a giustificare le bestemmie del premier affermando che "vanno contestualizzate". Cioè, io in vita mia non ho mai seguito una lezione di catechismo neanche per sbaglio, ma mi risulta che “Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio” sia il secondo comandamento, scritto nero su bianco nel Deuteronomio (tra l'altro uno dei pochi testi sopravvissuti al primo concilio di Nicea, dove la distinzione tra "canonici" e "apocrifi" veniva effettuata basandosi su imprescindibili principi ontologici quali: "Cosa ci dà ragione?").

Ma ok, pane al pane, il mondo cattolico ha preso anche posizioni ben distinte, però una domanda sorge spontanea: tu, monsignor Fisichella, mia povera pecorella smarrita, come cazzo ti è saltato in mente di metterti a pontificare sui comandamenti?
La dottrina per quanto ne so è piuttosto chiara riguardo alla legge di Dio: o la segui o non la segui. Paradiso o inferno. Ti sei beccato il libero arbitrio? Cazzi tuoi.
E invece no, manco i dogmi ci vogliono lasciare. Stupido io, mi illudevo che il postmodernismo fosse riuscito ad iniettare almeno qualche cc di coerenza perfino dentro i crani integralisti del clero nostrano. Invece no, manco sognarselo. D'altra parte che ti vuoi aspettare da una categoria dove ancora sopravvivono i creazionisti? I creazionisti, capito?! Gente che grossomodo sostiene che Dio ci ha creati con un'alitata e lo stampino.

Che poi sinceramente a me delle eventuali bestemmie del presidente non me ne frega neppure nulla, cosa che tra l'altro vale per la stragrande maggioranza delle sue esternazioni. Se i problemi italiani fossero tutti qui a quest'ora saremmo da tempo stravaccati ai vertici di tutte le classifiche mondiali di felicità-sviluppo-ecosostenibilità-tiro alla fune. I paesi nordici ci avrebbero eletti da un pezzo stato scandinavo ad honorem. Il nostro livello tecnico-scientifico sarebbe talmente elevato che avremmo già trovato da una vita la cura per il cancro, l'aids, il raffreddore e i becchi delle zanzare. Il tricolore starebbe sventolando su Marte, Giove, Saturno, Nibiru e la nostra nazionale starebbe vincendo il terzo Campionato Intergalattico di Arkanoid. Invece sto paio di palle, la merda è fino al collo, sì, ma di quello che ci sta sulle spalle.

Chiaramente il motivo principale per cui questo post sta venendo scritto consta esclusivamente nel gusto di poter inveire al contempo contro la Presidenza del Consiglio, nella persona del premier Berlusconi, e la Chiesa cattolica in toto, dalle catacombe paleocristiane in poi. Ciò permette di dar deliziato sfogo a tutta la frustrazione che si rimescola in questo corpo corrotto dal momento in cui ho fatto l'errore di sviluppare una coscienza socio-politica.
A saperlo prima facevo l'abbonamento vitalizio allo stadio, che era meglio.



P.S.: perdonate l'alto contenuto di scurrilità di questo post, è che ultimamente sto leggendo troppo Qualcosa del genere. Fortuna che pubblica un post ogni era glaciale, altrimenti non so come sarei ridotto a quest'ora.

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Anzi, forse lo so:



l'onorevole Mario Borghezio



In ogni caso, per star sicuro, mi dissocio da questo post. Pare che come strategia funzioni.

2 ottobre 2010

Sotto Tiro - Josè Trovato

Domani Arcoiris

Al via sulla rivista on-line Domani la nuova rubrica "Sotto tiro". Una serie d'interviste a giornalisti che fanno troppo bene il loro lavoro, ponendo parole dove si vorrebbe silenzio, e per questo vanno zittiti. Storie di mafia ma non solo, sarebbe un'Italia utopica quella in cui solo i criminali avessero qualcosa da nascondere.

La storia di Saviano la conoscono tutti, elevata ormai a fenomeno mediatico, ma dietro di lui si muove una schiera di colleghi dotati di minor fama e, spesso, molta meno fortuna.
A fare chiara mostra della situazione è il recentissimo rapporto Ossigeno 2010, documento annuale stilato dall'osservatorio stabile istituito dall'Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione della Stampa la cui attenzione è puntata su tutti i casi italiani di giornalisti minacciati e notizie oscurate. Il materiale non manca.

"Sotto tiro" parte con Josè Trovato, giornalista siciliano che a Leonforte faceva troppa attenzione alle vicende di un mafioso locale. E la cosa non piaceva per niente.
L'intervista QUI.

21 settembre 2010

Sotto tiro

Silenzio!

"Ore passate a ricordare. Delle mazzate, dei colpi di bastone che miravano alla testa parati dai polsi e dagli avambracci maciullati. Del fuoco che avvolge una macchina e il portone di casa, dei cinque spari, dell’urlo di mia madre e del vetro della mia macchina infranto sottocasa. Della voglia di mollare, in fondo ho 24 anni, studio all’università, posso ancora cambiare lavoro. Del mio ragazzo che se sapesse che sono qui con voi a raccontare queste cose… Della solitudine o della solidarietà, dell’isolamento, dell’impossibilità di continuare a fare il mio lavoro perché al palazzo di giustizia da allora nessuno mi ha rivolto più la parola. Dei bossoli in una busta, della mia firma stampata sulla carta con una croce rossa sopra, e le parole battute il giorno prima sottolineate da una mano mafiosa. Di come lo dico ai miei genitori, ché a trentaquattro anni vivo ancora con loro, con uno stipendio di 400 euro al mese. Di quando sono stato sequestrato per due ore da un sorvegliato speciale con una pistola in tasca che mi obbligava a cancellare le foto che avevo fatto. Di quando ho temuto per i miei figli. Di quando anche mia moglie le ha prese per difendermi da un aggressore indiavolato." *

Saviano non è che la punta dell'iceberg. Troppo spesso le penne possono essere esplosive se si scrivono le parole sbagliate, se si fa un passo di troppo, entrando in un terreno che qualcun'altro ritiene casa propria. E lo difende con i denti. L'informazione è il sale della democrazia? A volte non è che un lusso, un lusso che non sempre ci si può permettere se si vogliono dormire sonni tranquilli. Il giornalismo in terra di mafia ma non solo, dalle voci di chi la sfida di informare la vive tutti i giorni. E a volte di coraggio ce ne vuole davvero. Da un'idea di Antonella Beccaria un progetto per Domani Arcoiris. Si sta iniziando a lavorarci. Stay tuned.



* da "Informazione a rischio pallottole" di Roberta Mani e Roberto Salvatore Rossi

19 settembre 2010

La pazienza è finita

Lo sport preferito dei votanti PD è il tiro al segretario, diceva l'altro giorno Bordone. E sono abbastanza convinto lo dicesse lui, anche se Google, nonostante le mie ripetute minacce, si rifiuta di confermare questa convinzione. Io il PD manco lo voto, ho una masochistica predilezione per l'afona rappresentanza extraparlamentare, ma dall'acostruttivo sport nazionale non riesco proprio a esimermi, soprattutto quando capitano tali ghiotti bocconcini:

La pazienza1

La pazienza2

La pazienza3

La pazienza4

(via ceci n'est pas un tumblr)

18 settembre 2010

Di roghi e di lumi

Illuministi

Dunque questi signori lucidi e bene informati hanno ragione, e se la prendono. Così ci portano i lumi.
Ma cosa vogliono in cambio?
In cambio ci tolgono la notte, la magia, il mistero onirico, i cimiteri, gli amanti protesi dai balconi, le mirabili scope volanti delle streghe, gli esili fianchi di Giovanna e l'occhio profondo di Morgana, lasciandoci come premio di consolazione qualche anatra meccanica e un po' di formule geometriche.
Le streghe non si devono bruciare, d'accordo. Ma questo ci vieta di cedere alla loro malìa? In nome di argomenti opposti a quelli per cui l'Inquisizione bruciava le streghe (ma identici per intransigenza e irrimediabilità degli effetti) l'illuminismo vieta ora di amarle. Anzi, vieta di esserlo.
Insomma, brucia gli stessi libri che bruciavano i preti: i preti perchè ci credevano, e per questo li temevano; gli illuministi perchè non ci credono, e li temono lo stesso.
Si spengono così roghi irrazionali per ergere ghigliottine razionali. Si abbattono dèi irragionevoli per deificare la Ragione.

da "Elogio del libertino" di F. Cuomo

9 settembre 2010

Noi e gli altri

il ministro Carfagna

Se c'è una cosa che non sopporto è la strumentalizzazione di fatti importanti, fatti degni del più profondo e ampio coinvolgimento civile e umano, piegati al servizio di ideologie e schieramenti che di civile hanno ben poco.
E' una cosa che mi manda in bestia.
Non solo per la dimostrazione di meschinità e pochezza morale di coloro che si rendono protagonisti di tali azioni, ma anche per la spudoratezza
con cui fino al giorno prima (e probabilmente dal giorno successivo) gli stessi davano sfoggio di comportamenti assolutamente assimilabili a quelli condannati, ascrivibili alla medesima deplorevole categoria.

Mi riferisco naturalmente al caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani. Sono daccordo, tra noi e loro (dove per "loro" si intendono le istituzioni, il sistema giudiziario, quello politico e gli apparati di sicurezza dei governi islamici integralisti) di differenza ne passa un bel po'. Ad esempio che qui le storie di adulterio si trovano più a loro agio tra le pagine patinate di Novella3000 che negli schedari dei tribunali. E' quindi giusta e degna d'appoggio ogni azione volta a combattere una tale barbarie mascherata da cultura. Sì, lo è anche la gigantografia di Sakineh fatta appendere dalla Carfagna fuori dal suo ministero, nonostante la sua dubbia utilità.

Ma quanto questa fiammata di ribellione verso tale indiscutibile offesa alla dignità umana è dovuta ai principi? O almeno, qual'è la percentuale di indignazione dovuta al fatto che ciò avvenga in Iran e non, chessò, nelle isole Svalbard? O in Russia, tanto per fare un esempio piuttosto verosimile.

In Italia le cifre riguardanti la violenza sulle donne paiono un bollettino di guerra. Nel 2009 si sono raccolti da terra 119 cadaveri. Violenze perpetrate principalmente da maschi italiani, amici o parenti e concentrate nel ricco Nord. E non è che non esistano metodi per controllare e ridurre tale spirale di violenza. Smplicemente - come scrive Francesca Molfino in un interessante e approfondito articolo - gli strumenti esistenti, e già in uso con successo all'estero, in Italia non vengono adottati. In Italia non vengono stanziati fondi per istituire e mantenere i centri d'appoggio e consuilenza necessari. In Italia non viene formato adeguatamente il personale che si trova a dover affrontare quotidianamente i casi ad alto rischio. Nonostante ciò nel nostro paese i casi di femminicidio scalano le agende di cronaca per qualche giorno e poi ricadono irrimediabilmente nel dimenticatorio. Venga ora la Carfagna ad attaccare sul Ministero delle Pari Opportunità la foto di ogni donna che nel Bel Paese rischia la vita non "a causa delle istituzioni", ma per la totale assenza di esse. Mezza Roma le servirebbe.

Quelle che si levano dalla bocca di buona parte della classe politica italiana (al governo e non) non sono grida di rabbia e sdegno, sono gratuiti slogan pre-elettorali. E' ributtante.

Naturalmente ciò lo sanno benissimo anche i vertici iraniani, che danno adito alla possibilità di annullare la condanna della donna, ma che probabilmente la stanno solo posticipando. Invece di attendere il termine del Ramadan si aspetterà che si spengano le polemiche, poi come per incanto la "revisione" a cui è sottoposto il caso si tramuterà nuovamente in condanna. Condanna che verrà eseguita al volo, probabilmente in silenzio. Poi vedremo se si leverà clamore per difendere la dignità di un cadavere.

Ma la ridicolezza dell'opposizione NOI vs. LORO si esemplifica in innumerevoli altri ambiti.
Noi giusti, loro iniqui?
Noi democratici, loro barbari?
Noi misericordiosi, loro sanguinari assassini?
Noi figli dell'illuminismo, loro menti affogate nell'integralismo religioso?
Noi capaci di garantire un trattamento umano anche nella pena, loro brutali lanciatori di pietre incapaci di sentimenti?

Lo si chieda a chi in Italia viene stipato nelle carceri; agli immigrati in cerca di rifugio reclusi nei CIE, alla faccia del diritto internazionale; a chi in cella ci crepa, ammazzato dalla disperazione o dai manganelli degli sbirri. A tutte quelle categorie periferiche, di scarto, a cui quotidianamente viene sputato in faccia.

Perchè ogni giorno non sento nessuno indignarsi di ciò?

7 settembre 2010

7 anni in Iraq

Marines Sonata

Noi non ci siamo abituati. O almeno viviamo l'informazione in modo malato, come uno schieramento con cui stare, una trincea da difendere. Negli USA funziona diversamente. Tante cose funzionano peggio, ma almeno lì l'informazione ha un ruolo serio. Sì, spesso schierato, ma schierato su molto più di due fronti, è un'informazione di quelle che manco ci immaginiamo, è l'informazione di un paese civile. Sull'effettivo livello di civiltà degli Stati Uniti ci sarebbe poi molto da questionare, ma per una volta atteniamoci a questo ambito.
E' il giorno del ritiro delle truppe statunitensi dall'Iraq. Sempre che ritiro si voglia definire il lasciare di stanza 50.000 soldati per indefiniti "scopi civili", per non parlare dei 7000 contractors privati, i cui scopi restano indefiniti a priori. Comunque in questa data il New York Times, pubblica una bruciante photogallery che racconta sette anni di guerra irachena. Sette anni. Pareva meno. Il tempo vola quando non ti piovono bombe in testa.
Facendio ciò il NYT esplicita due principi basilari del (foto)giornalismo moderno:
    - L'informazione ha un imprescindibile ruolo sociale.
    - Non sempre le parole sono indispensabili per spiegare al meglio le cose.

Quindi basta frasi, che parli l'obiettivo.

3 settembre 2010

The amazing Gheddafi Show

lezioni di Corano


PUM. PUTU-PUM.

CLANG. SDEGHE-DENG.

Le prime le palle, le seconde le maschere. Il discorso dell'altro giorno di Gheddafi è riuscito a far cadere di tutto. A far da cornice le discutibili e alquanto ridicole celebrazioni del secondo anniversario per il Trattato di amicizia italo-libico, evento in perfetto, pomposo, stile colonialista per celebrare la presunta fine del colonialismo. Festival di cattivo gusto, bassi istinti e goliardiche pagliacciate, nello stile a cui Gheddafi ci ha abituato, mostrandoci una versione alternativa dell'Italia berlusconiana in altre circostanze storico-politiche.
Il clima aveva quindi già di suo una certa tendenza ad attrarre gli oggetti al suolo, ma a dare il via ufficiale alla sequela di cadute di maschere e palle sono state le parole del Colonnello, più o meno queste:
"La Libia chiede all’Unione Europea che l’Europa offra almeno cinque miliardi di euro all’anno per fermare l’immigrazione non gradita. Bisogna sostenere questo esercito che combatte per fermare l’immigrazione, altrimenti l’Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. La Libia è l’ingresso dell’immigrazione non gradita, dobbamo lottare insieme per affrontare questa sfida. L’Italia deve convincere i suoi alleati europei per applicare la proposta libica".
Inaspettatamente per un tale festival della retorica, si sono finalmente dette le cose come stanno: dietro alle ipocrite dichiarazioni che un dittatore sanguinario fa rispetto alle "ingiustizie coloniali", dietro le patine dorate e i sorrisi di falsa amicizia, dietro gli eventi da rivista di gossip, le lezioni di corano, le amazzoni e i cavalli berberi, lo scandalo e il clamore, dietro tutto questo baraccone c'è un solo accordo cruciale: quello economico. Soldi in cambio di uomini. In cambio del contenimento di uomini. Una tratta di schiavi al contrario, dove si paga per impedire ai disperati di fuggire dal proprio paese, o quantomeno per bloccarli appena al di là della linea dell'orizzonte. Come e con quali mezzi non importa, quello che conta è che l'opinione pubblica non ne sappia niente, non senta parlare di disastri marittimi e di respingimenti in acque aperte. Soldi spesi per spegnere anche l'eco di quel grido di miseria e disperazione che giunge dalle sponde meridionali del Mediterraneo.
Schiavismo al contrario accompagnato da un razzismo anch'esso di segno opposto, un capo di stato africano che fa appello ai più bassi istinti, alle più fosche paure come e meglio dei leader di casa nostra, lasciando intendere il pericolo di un'Europa che “potrebbe diventare nera” in mancanza del suo ruolo di guardiano delle porte africane. Gheddafi riesce sempre a stupire.

Stando al rapporto 2010 di Amnesty International in Libia "il ricorso alle frustate per punire le adultere, la detenzione a tempo indeterminato e le violenze nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, così come i casi irrisolti di sparizioni forzate di dissidenti sono all'ordine del giorno.(...) Le violazioni dei diritti umani continuano a essere commesse dalle forze di sicurezza, in particolare dall'Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo. Queste persone possono essere trattenute senza contatti con l'esterno per lunghi periodi di tempo, torturate e private dell'assistenza legale."

Un'alleanza è prima di tutto una condivisione di intenti, obiettivi e valori.
Noi siamo alleati alla Libia, quindi condividiamo tutto ciò, in spregio ai più basilari accordi internazionali in tema di diritti umani. Se ne prenda atto.

26 agosto 2010

Bestie!

Locandina Circo

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Per gustare appieno il post si consiglia ai gentili lettori di dare un'occhiata ai commenti, lì troverete un fondamentale contributo (almeno per chi vive in provincia di Cesena, o per chi cerca ispirazione).
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Ok, lasciamo pur da parte tutta la retorica riguardante il ritorno alla vita selvaggia. Gli animali che "lavorano" nei circhi sono per la maggior parte nati in cattività e in cattività moriranno. Se a qualche folle domatore venisse per caso in mente di liberare le proprie bestie nella savana dopo un'esistenza passata in gabbia queste avrebbero vita piuttosto breve a causa della loro totale incapacità di rapportarsi all'ambiente. Sempre che non venissero stroncate prima da una qualche malattia, magari comune per quelle latitudini, che il loro sistema immunitario - anch'esso in cattività - non sarebbe però in grado di fronteggiare.
Quindi gli animali in gabbia rimarranno in gabbia, l'unica cosa che si può pretendere è che la loro residenza tra le sbarre sia resa un po' più gradevole. Un ottimo esempio di come i più elementari criteri di sensibilità ed empatia verso gli animali possano essere totalmente ignorati lo dà Tom Rider, nel video qui sotto. Rider, ex-dipendente del circo Barnum, scelse di intraprendere la carriera di circense per poter dare sfogo al suo profondo amore per gli animali, dimostrando in questo modo una scarsissima oculatezza. Tralasciando comunque il ridotto senso della realtà di Rider, le sue parole e le immagini che le accompagnano sono l'ennesima prova di ciò che tutti, a parte i più illusi già sanno: i circhi sono lager, sono tante piccole Guantanamo per gli animali che lì vengono detenuti e costretti a esibirsi, addestrati a colpi di frusta e bastone, domati a suon discariche elettriche, altro che amore e passione. Animali che, nelle interminabili ore che passano al di fuori della pista, conoscono solo il ristretto universo concessogli dalle poche maglie della catena che li lega, che hanno a disposizione solo lo squallido panorama a strisce che sta al di là delle sbarre.

L'ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) ha stilato un interessante documento, breve ma esauriente, dove analizza la situazione dei circhi italiani, presentando una situazione decisamente grigia. In un'Italia dove i teatri d'opera faticano a tirare avanti lo spettacolo itinerante trae enorme beneficio dagli introiti pubblici derivanti dalla quota del FUS (Fondo Unico dello Spettacolo). Si elencano inoltre, dati alla mano, gli animali detenuti nei circhi, se ne descrivono le condizioni di trattamento e si presentano le idiozie legislative che rendono facile la vita ai circensi, permettendogli sostanzialmente di fare dei loro animali ciò che preferiscono.

Detto questo, se volete andare al circo andate pure. Tenete solo presente, dopo il numero degli elefanti, dei leoni o dei cavalli, quando gli applausi si levano sonori sotto il cielo del tendone, che ad ogni battito di mani corrisponde una frustata, passata o futura poco importa, in ogni caso quella frusta l'avete pagata voi.


P.S.: in questi giorni nell'area di Cesena si sta avviando una raccolta firme volta a contrastare questo genere di pratiche inumane, se avete modo aggiungete anche il vostro nome alla lista. Costa zero, richiede un attimo e garantisce un posto in paradiso!



21 agosto 2010

Il frinire del Grillo

Domani Arcoiris

Paolo del Debbio mode: ON.
Questa volta si gioca a fare gli opinionisti. O, quantomeno, si butta lì qualche riflessione, con la presunzione che magari a qualcuno possa anche interessare. Ma valutate voi.
L'articolo sta, come sempre, QUI.

17 agosto 2010

Quando muore un mandante

Quando muore un assassino noi ricordiamo le vittime

E' morto oggi all'ospedale Gemelli di Roma, dopo 9 giorni di convalescenza, l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Speriamo almeno abbia sofferto. In ogni caso sarà sempre solo una magra e tardiva consolazione.
Questo post serve a controbilanciare, almeno un poco, tutte le lacrime di coccodrillo in arrivo. Serve a ricordare che oggi è morto Francesco Cossiga, l'uomo che faceva sparare nella schiena ai manifestanti. L'uomo che mise la firma sul piano d'azione che portò alla morte, a Bologna, di Francesco Lorusso, 25 anni, l'11 marzo 1977 e di Giorgiana Masi, 19 anni, il 12 maggio dello stesso anno.
L'uomo che, il 22 ottobre 2008, quando un giornalista del Quotidiano Nazionale gli domandò se Berlusconi avesse esagerato nel minacciare l'uso della forza contro le manifestazioni studentesche, rispose:
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Gli universitari, invece, lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!. Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio»
L'unica cosa che mancherà davvero di Cossiga sono tutte le verità che si è trascinato nella tomba. Chissà quanti, oggi, apprendendo la notizia, si sono sentiti un poco più sollevati.

Addio K, salutami i diavoli dell'inferno.

10 agosto 2010

Shanghai

Imbarcazione di clandestini

Shanghai. Una manciata di shangai gettati a caso tra i flutti. Fatti di pelle e sangue, sì, ma comunque appartenenti più al mondo dei numeri che a quello degli umani, contraddistinti più da colore e provenienza che da singoli volti e nomi. Chi ha mai conosciuto anche solo un nome tra quei tanti divorati dal mare? Mare Nostrum, lo chiamavano. Ora forse ne hanno più diritto loro che noi, foss'anche solo per numero di presenze. Sui fondali. Oppure, al contrario: nostro il mare, nostri i morti. Si faccia una scelta.
Stiamo parlando di gente, gente vera in fuga da una miseria verso un'altra, gente con facce, occhi, denti, scarpe, rabbia, una foto infilata in una tasca e la paura che attanaglia il cranio al pensiero di avere fatto un madornale errore. Gente dubbiosa se partire o meno, se abbandonare tutto sperando in qualcosa di meglio: in un alloggio di fortuna in una stanza sovraffollata e qualche moneta da rispedire a casa per non obbligare altri a questa grigia odissea. La gente cola a picco e si discute ancora sul rispetto di accordi, ci si rimpallano responsabilità, si puntano indici accusatori verso tende di lusso piantate al di là del mare. Il ministro degli Interni Roberto Maroni nega l'aumento di sbarchi: "I numeri lo smentiscono". Numeri, cifre, percentuali.
E invece sono facce. E', ad esempio, il volto del pakistano trovato morto sulla costa del catanzarese venti giorni fa. O quella di uno di quei cinque che un mese fa, al largo della Spagna, si sono trovati sulla barca sbagliata, due dei quali attraversavano il mare ancor prima di aver imparato a camminare. Per non parlare di tutti i senza nome trascinati in fondo a quel cimitero che è il mare al largo di Lampedusa. Ma quello che qui si vuol dare non è l'ipocrita tocco tragico fin troppo comune nei media italiani, quanto piuttosto una piccola idea, la vaga percezione della differenza tra una cifra ed un uomo. Impresa difficile, forse al di sopra della capacità di chi scrive, me ne rendo conto.
Il punto è che si potrà cercare in tutti modi di impedire ai clandestini di arrivare, che tanto ci proveranno lo stesso, troveranno nuove rotte. E se non potranno più venire qui andranno da un'altra parte, dove magari tutto è ancora più difficile e la morte passa un poco più vicina, ma dove comunque c'è qualche speranza in più rispetto a casa propria. O anche solo qualche grammo di terrore in meno. Non è resistenza ma esitenza. Dallo spirito di ribellione si può anche desistere, cedere, finendo totalemne piegati, ma la sopravivenza è un'altra cosa, sta scritta in ogni filamento di DNA. Ci si può far plagiare l'anima e i principi ma non ci si lascerà mai strappare la pelle di dosso. Non è una cosa che si può contrastare o regolare con leggi, accordi o comandamenti perchè è inamovibile, radicata là sotto dove dovrebbero aver radice i più profondi valori umani.

Il ministro degli Interni Roberto Maroni nega l'aumento di sbarchi: "I numeri lo smentiscono".

Dovrebbero.

3 agosto 2010

Chi non chiude si rivede

Emergency logo

Ricordate l'ospedale di Emergency a Lashkar-Gah, in Afghanistan? Dai, quello chiuso dopo il sequestro dei tre operatori Emergency Marco Garatti, Matteo dall'Aira e Matteo Pagani? Quelli poi probabilmente rilasciati in cambio di tale chiusura? Su, un po' di sforzo mnemonico... Ne avevano parlato tanto i telegiornali! Articoloni sui quotidiani... Noi se ne era parlato QUI. Ecco, sì, ci siamo, quello. Ha riaperto. Il 29 luglio scorso. A comunicarlo è Cecilia Strada, ecco le sue parole:

Cari amici,

siamo molto felici di annunciarvi che giovedì 29 luglio abbiamo riaperto il Centro chirurgico di Lashkar-Gah.
Un giornalista ci ha chiesto "Perché?". Ma la risposta la sapete già: perché è il nostro lavoro, perché quell'ospedale serve, perché è l'unica struttura gratuita nella regione, perché quell'area è teatro di una guerra sempre più violenta, perché i 70 letti delle corsie - da quando è stato aperto e fino al giorno della sua forzata chiusura il 10 aprile scorso - sono sempre stati pieni. Perché la popolazione ne ha bisogno: e noi non abbiamo bisogno di altri perché.

Ancora grazie per il vostro sostegno.
A presto,

Cecilia Strada
Presidente di Emergency

QUI il comunicato stampa.

2 agosto 2010

Bologna, trent'anni dopo

Orologio stazione Bologna

Il ricordo di Ustica era ancora caldo. Il piombo continuava ad aleggiare nell'aria. Sono passati trent'anni da quella bomba che il 2 agosto 1980 bloccò l'orologio della stazione di Bologna sulle 10.25. Si sa abbastanza precisamente, indipendentemente da condanne e ricorsi, chi ha mosso le mani per dare il via a tutto questo. Non è ancora chiaro chi ha mosso le persone. Il Memoriale della strage del 2 agosto 1980 nella sala d’aspetto della stazione di Bologna diventerà patrimonio Unesco per la cultura della pace, ma in fondo, dal mio punto di vista, non è che un palliativo. La legge del 2007 sul segreto di stato prevede che questo debba decadere dopo 30 anni. Staremo a vedere se ciò avverrà veramente e se, magari, si riuscirà a estrarre un nuovo brandello da quelle macerie sotto cui, da tanto tempo, è stata sepolta la maltrattata verità.

Volendo approfondire, un salto in libreria non costa nulla. Ad esempio si potrebbe partire da QUESTO.

1 agosto 2010

Morte inconsapevole di un reporter di guerra

embedded journalist

Non sempre cambiamento significa catastrofe, e comunque non sempre la catastrofe, quando si presenta, è così evidente come ci si aspetterebbe. A dimostrarlo è Mimmo Càndito, oggi, su "la Stampa".
Esattamente vent'anni fa Saddam invase il Kuwait, accendendo la miccia di quella bomba militare e mediatica che sarebbe poi divenuta famosa col nome di guerra del golfo. La prima "guerra da divano" che avrebbe inaugurato una nuova, fruttuosa via per l'informazione militare. Quel giorno il reporter di guerra ha smesso di esistere. La parola stampata soverchiata dall'esplosività dell'immagine televisiva, l'informazione quasi schiavizzata da uno stato maggiore che, dopo la fallimentare esperienza vietnamita, ne conosceva il potere. E la pericolosità. Un uomo di nome Arnett che, senza saperlo, era arma in mano al potere. L'invenzione dell'embedding e della comunicazione "impacchettata", strumenti ancora oggi largamente utilizzati. Ma il disequilibrio tra poteri non può durare per sempre, così oggi da menti brillanti (con palle quadre) nascono nuove idee, creando innovativi, fiammeggianti scenari nel panorama dell'informazione mondiale. Tanto per dire nasce Wikileaks, nessuno dei cui collaboratori ha probabilmente mai calpestato la sabbia dei deserti afghani, ma che ha saputo svelare segreti che nessun inviato, più o meno ostinato che fosse, era mai riuscito nemmeno a immaginare.
Ma ora basta parafrasare. Leggete questo articolo. Ne vale la pena. Garantito.

28 luglio 2010

Horror flash forward


Ma chi ci credevamo di essere? Non dico sogni di gloria, avevamo abbastanza testa sulle spalle, ma quantomeno un futuro particolare, esotico, in ogni caso distinto dall'informe massa umana rispetto alla quale, in fondo, ci sentivamo così diversi. Un futuro che avesse almeno il senso di essere vissuto. Invece abbiamo barattato tutto. Uno stipendio fisso è bastato a fotterci l'anima, il diavolo ha avuto gioco facile in quei miseri tempi di precarietà. Magari la prospettiva che avevi sognato sino ad allora ti poteva anche capitare di viverla, ma per quanto? Uno, due, sei mesi? Non eri che un elemento intercambiabile, una cazzo di cellula staminale destinata a diventare altro, utile solo per la sua capacità di adattamento. Ma tanto in fondo neanche tu sapevi veramente cosa saresti diventato, e, diciamoci la verità, poco te ne importava. Quello che contava era avere tempo, accumulare esperienze, attendere quella fortuita circostanza che ti avrebbe proiettato nel ristretto Olimpo dei soddisfatti-dalla-vita. Tuttora non ci giurerei di averne mai incontrati, di questi fantomatici "realizzati". Ogni obiettivo raggiunto proietta verso quello successivo, a meno non si sia completamente privi di immaginazione. Altrimenti puoi anche bruciarti la vita in una fabbrica di cibo per gatti, e magari esserne felice. Niente da dire, magari sei quello che l'ha capita meglio, ma a me pare una merda, e non farmi storie riguardo al piacere della vita semplice, che tanto la pensi uguale. E se non è così tientelo pure tu il cazzo di piatto di grano, te lo lascio volentieri.
Potersi indebitare fino al dieci del mese certi di una nuova aurora monetaria, non è che questo il nostro unico vanto. Solo la fenice a tre zeri del conto in banca a farci compagnia. Caronte ci ha offerto una cambiale e noi abbiamo attraversato lo Stige a nuoto verso un branco di diavoli pronti a farci il culo: "fanculo ai principi, questa è la vita vera", ci dicevamo. Allora ci è anche parsa una mossa responsabile, da Adulti; con la A maiuscola, proprio così. In realtà non era che l'ultima maglia della catena, ma solo da qui ce ne rendiamo conto. Pensavamo che la corruzione dell'anima fosse una cosa tangibile, che richiedesse una netta presa di posizione. Illusi, noi e la nostra morale da Walt Disney. Basta lasciarsi andare un attimo per essere risucchiati dalla corrente, ee ogni corrente va verso il basso, questo ormai lo so. E ora che mi racconti? Qual'è stata la paura definitiva, quella che ti ha fatto rinunciare all'equilibrismo dell'assoluto in cambio di una salda vita mediocre? Il terrore della povertà, della depressione, di rimanere solo? Cosa ti ha fatto piegare definitivamente il capo, qual'è stata quell'ultima miseria che ti ha ridotto come sei ora? Dovevi pensarci prima Capo, metterci più istinto, decisione, sofferenza se necessario. Ma adesso è tardi, le porte si sono chiuse una dietro l'altra, i sentieri che hai percorso sono ormai sepolti dalla vegetazione. Ti sei fottuto, non c'è più nessuno qui, forse anche tu ormai non sei che un miraggio, solo l'ombra sbilenca di un futuro perduto.

21 marzo 2037

26 luglio 2010

Retroscena afghani

Drone Reaper

(AGI) Washington - Un'enorme quantita' di documenti segreti del Pentagono sulla guerra afghana rivelati dal portale Wikileaks. Documenti riservati da cui emerge un ritratto devastante della guerra: civili morti e di cui non si e' mai saputo nulla, un'unita' segreta incaricata di "uccidere o catturare" ogni talebano senza alcun processo, i droni Reaper telecomandati a distanza da una base del Nevada, la collaborazione tra i servizi segreti pakistani (Isi) e i talebani.

Tutti i documenti QUI.

23 luglio 2010

Ogm free

Greenpeace - Zona libera da ogm

Quello che mi stupisce delle campagne di Greenpeace è che, oltre ad avere dei video promozionali stupendi, spesso funzionano. Non vedo quindi perchè non aderire alla nuova iniziativa riguardante il pericolo di contaminazione ogm nel comune di Fanna(PN), in Friuli.
Questo il comunicato integrale:
In questi giorni stiamo rischiando la prima estesa contaminazione da OGM in Italia, a causa di una presunta semina – che sarebbe assolutamente illegale - di mais transgenico in un campo in Friuli, nel Comune di Fanna (Pn). Lo scorso 10 luglio il terreno “sospetto” è stato posto sotto sequestro, ma la Procura di Pordenone, invece di intervenire d’urgenza, si è presa un mese di tempo per la verifica delle analisi e la stesura della perizia.

Aspettare agosto è assurdo! Le analisi molecolari per l’accertamento della presenza di OGM sui campioni - che sono già stati prelevati da tempo - non richiedono più di tre giorni! Ormai quel mais è in fase avanzata di maturazione: ancora pochi giorni e queste piante produrranno il loro polline, che si disperderà in ambiente e darà il via a una contaminazione difficilmente arrestabile.

Non possiamo star fermi a guardare! Per questo ti invitiamo a scrivere insieme a Greenpeace e a tutta la Task Force per un'Italia Libera dagli OGM al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nella sua funzione di Garante delle norme e della loro applicazione, chiediamo al nostro Presidente di intervenire con urgenza sulla Procura di Pordenone per scongiurare ogni ipotesi di contaminazione da piante transgeniche.
Se come noi, vuoi impedire che gli OGM contaminino l’ambiente e l’agricoltura, invia anche tu la lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

QUI il link alla pagina che espone tutte le campagne di Greenpeace in corso!

21 luglio 2010

Sesso (da) mercenario

Afghan mercenary camp

La notizia è recente. Di contractors, e in particolare della ex-Blackwater (ora Xe Service) si era già parlato QUI. Cattive nuove giungono però dal fronte mediorientale. Dopo i gravi e numerosi fatti che negli ultimi anni avevano già coinvolto le agenzie di sicurezza impiegate - più o meno legalmente - in Iraq e Afghanistan, era logico pensare che il controllo sui contractors fosse elevato, se non per rispetto del diritto internazionale e umano, quantomeno per necessità di propaganda politica. Così non è stato. Gli appartenenti a queste organizzazioni si sono macchiati di nuovi crimini. Ma "nuovi" è un eufemismo, chissà da quanto lo sfruttamento e la tratta di donne indigene andava avanti. Addirittura «James Gordon, per un certo periodo di tempo supervisore di Armour Group, ha sostenuto che un manager si vantava apertamente di “possedere” prostitute a Kabul».
E chissenefrega, potrebbe dire il lettore, gli USA, il loro esercito e tutto ciò che vi gira attorno hanno nuovamente confermato che, indipendentemente dal colore del presidente, ancora debbono compiere innumerevoli passi per giungere ad una reale rispettabilità internazionale. Sbagliato. Pensare che gli Stati Uniti all'estero rappresentino solo sé stessi è un errore. A Kabul e a Baghdad, come in mille altri luoghi, la faccia del soldato che stupra, uccide e si fa beffa dei cadaveri è il volto stesso dell'occidente, l'unico disponibile. Lo stesso occidente di cui, ancora, noi stessi, qui, su queste sedie e davanti a questi schermi facciamo parte. Ogni delitto perpetrato laggiù ci vede complici: noi, i nostri governi, i nostri organismi sovranazionali. Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti, cantava De André, uno che l'aveva capita molto bene.
Non ci si chieda quindi "perchè ci odiano?", quanto "cosa abbiamo mai fatto, noi, per evitarlo?".


(grazie a Pavi per la segnalazione)

16 luglio 2010

Sui muri continua la resistenza

Un giorno qualcuno, con la mano sporca di colore, tracciò d'istinto dei segni sulle mura di una caverna. Rappresentò ciò che conosceva meglio: sé stesso, le proprie abitudini, la propria vita. Il concetto di "arte" sarebbe giunto millenni dopo. Poi lo spostamento di senso, dal conosciuto allo sconosciuto, dalla riproduzione all'immaginazione, il disegno finalizzato all'esorcizzazione, all'addomesticamento di ciò che è inafferrabile: catastrofi, paure, Dio. Infine l'impiego scientifico, la cartografia, che però non scorda le origini, popolando di mostri le profondità marine che separano i continenti. Ma anche la pittura come lotta, contestazione, ribellione. Come sul muro di Berlino e sul suo fratello più giovane: quello di Gaza. Il ciclo si chiude, la pittura torna a rappresentare ciò che è più vicino: la lotta quotidiana, le necessità primarie, la storia che sta intorno. Solo il contesto cambia: il pigmento naturale è ora vernice spray, l'uomo una moltitudine, la caverna un intero stato, ma senza vie di fuga.
Post ispirato da un aticolo letto su Carta.

Blu sul muro di Gaza


Banksy sul muro di Gaza

12 luglio 2010

Diretta da un mare di rabbia

Dal Blog di Zoro:
Di L’Aquila a Roma, di manifestazioni e manganelli, di scontri e incontri, di disabili e turisti, di politica e informazione, per reclamare diritti, attenzione e giustizia, con una promessa: retornemo.
Questo e molto altro in questa puntata estiva di Tolleranza Zoro divisa in due parti.
Senza commenti né copione, senza musiche o effetti speciali. Quello che è successo e basta. E avanza.
Buona visione.

PRIMA PARTE



SECONDA PARTE

10 luglio 2010

I fantasmi non paion più tali quando inciampano nelle proprie catene

P2

Ci sono vocaboli che, col passare del tempo, perdono la loro accezione attiva, rimanendo a testimonianza di una realtà inattuale. A caratterizzarli è l'impossibilità del loro utilizzo al fine di spiegare la contemporaneità. Termini la cui funzione attributiva è rivolta solo al passato, sequenze polverose di lettere rimaste a ricordare ciò che è stato, significati granitici non più alterabili.
La loro fondamentale importanza consiste nel testimoniare la passata esistenza di schemi di pensiero, filosofie, istituzioni e movimenti ormai estinti. Aggettivi come aristoratico, proletario, bolscevico, illuminista o - in senso filosofico - punk, proferiti al giorno d'oggi fanno quasi tenerezza, come fanno sorridere i feticisti nostalgici che si ostinano ad utilizzarli, necrofili del linguaggio che rifiutano l'evidenza: oltre un certo punto alcuni termini perdono la propria capacità di spiegare la realtà semplicemente perchè non esitono più le condizioni che hanno portato al loro conio. Morto l'ultimo sessantottino più nessuno potrà definirsi tale senza risultare ridicolo. Si tratta di concetti le cui colonne portanti sono crollate, rendendoli anacronistici, o che col tempo hanno subito mutazioni talmente radicali da finire per trasformasi in altro, esattamente com'è avvenuto alla società che li ha prodotti.

A volte capita però che una parola riappaia, riemergendo a forza da un oscuro passato e portando con sé tutta l'aura di misteriosa inquietudine che la contraddistingueva. E' ciò che è avvenuto in questi giorni sulle pagine dei giornali, dove un aggettivo è rifiorito: piduista.
Memorie si un piano che in tanti punti si è realizzato, con coincidenze tali da metterne in dubbio la casualità. Personaggi per nulla estranei ai misteri d'Italia scoperti a ruzzolarsi in nuovi pantani. Inquietudini passate che ritornano ferocemente attuali.

8 luglio 2010

Giustificazioni (in un senso o nell'altro)


Alla vigilia dello sciopero dell'informazione indetto dalla FNSI "Il Post" raccoglie le dichiarazioni che i vari giornali pubblicano in prima pagina per motivare la decisione di aderire o meno al suddetto sciopero. Spiegazioni dovute, poichè forse pochi altri argomenti sarebbero altrettanto capaci di spaccare trasversalmente il pubblico.
Peccato che lo sciopero attivo proposto da Paolo Flores D'Arcais non sia passato, forse sarebbe stato anche più efficace.

Colgo l'occasione per riportare qui alcune parole di Gramsci - apparse alcuni giorni fa sull'homepage di PeaceReporter e mutuate da Antonella Beccaria - particolarmente adatte al momento:
“L’indifferenza opera prepotentemente nella storia, opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica la sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta può abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche perquesto: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.“

(Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917)

'a maggica Italia

Sul motivo per cui Berlusconi abbia deciso di prestare la propria voce per uno spot a sostegno del turismo italiano in Italia ci sarebbe molto da ipotizzare. D'altra parte bisognerebbe ragionare anche su cos'è che ha spinto i pubblicitari a scegliere questo testimonial "d'eccezione", visto che l'evocativa voce del premier porta con sé tutta una nebulosa di significati che non sempre si accordano gran che con le suggestive immagini che la accompagnano. Verrebbe poi scontato domandarsi il perchè - se lo spot è rivolto ad un pubblico italofono - il filmato si chiuda con lo slogan "MAGIC ITALY", ma suppongo ciò sia da ricondurre alle fantomatiche 3I...
Visto tutto ciò che andrebbe analizzato, e vista la poca voglia che ho di farlo, mi limito a un confronto:






Versione sottotitolata per non udenti:

7 luglio 2010

Se ne stiano a casa loro

campo nomadi

Igor Iezzi, segretario della Lega Nord di Milano, derubato mentre visitava un campo nomadi cittadino. E' davvero impossibile addomesticarli, questi leghisti.

29 giugno 2010

Cronache catodiche/2 - Stati di Sofferenza Incolmabile

Sofferenza

Già qualche individuo sciabattante e accaldato ha raggiunto la postazione, in attesa. Per la maggior parte si tratta di donne di mezza età inoltrata, che hanno visto scomparire da un pezzo la luce d'ingresso del tunnel. Fanno tutte parte di quella particolare categoria di gente di città convinta che la residenza balneare permetta di abbandonare con leggerezza ogni minima regola di coerenza nell'abbigliamento. Signore piccolo borghesi in vacanza dal buongusto.
Un cicalare eccitato si leva quando gli altoparlanti del televisore fanno risuonare la ben nota sigla.
TG.
La Notizia è in apertura. Nonostante ce lo si aspettasse, l'effetto della conferma dei peggiori timori che da ieri attanagliavano le menti è devastante. Immediate, fredde e impietose le parole della conduttrice fugano ogni dubbio, mostrano la gelida realtà in ogni dettaglio. Il balletto di parole e immagini intesse la storia di ciò che è stato, così preciso e ineluttabile come solo le tragedie sanno essere. Gli occhi delle spettatrici sono fissi sullo schermo, a raccogliere ogni frammento di quel che mai più sarà. I volti di alcune lasciano trasparire il ribollire di emozioni che si sta verificando nei loro cuori. Sofferenza, rimpianto e angoscia si avvicendano senza ordine apparente; è un caos diffuso quello che regna in questi animi inquieti. Viene sussurrato qualche commento su chi è rimasto: moglie e figlia, piccole zattere ora alla deriva in quell'oceano nero in cui il mondo si è trasformato.
Una mano si leva lenta e lugubre: fronte, petto, una spalla e poi l'altra. Piccoli rituali per esorcizzare un dolore quasi insopportabile. O forse un semplice gesto di pietà.

Nei discorsi di oggi passeranno in secondo piano gli argomenti usuali, nessuna di queste madonne in occhiali da sole citerà indignata la risoluzione della corte statunitense contro il Vaticano. Nessuna criticherà il costume succinto della vicina di ombrellone o racconterà con accondiscendenza l'ultima birichinata del nipote. Oggi solo una storia potrà essere raccontata. Forse pagine patinate passeranno sotto occhi inumiditi dalla pietà, affamati di approfondimenti al fine di appagare un qualche segreto masochismo. Mani sfoglieranno veloci, impegnate in una compulsiva caccia al dolore.

Proprio mentre le note finali della struggente canzone che ha accompagnato il lungo servizio si spengono nell'aria, una nuova, ignara figura si unisce al gruppetto. Un breve scambio di sguardi per decidere a chi toccherà riferire la triste nuova. Una bionda cenere stipata in un pareo leopardato si volge verso la nuova arrivata. La leggera vibrazione della voce lascia trasparire l'emozione che gli occhiali fucsia nascondono: «E' morto Taricone.»

Nemmeno io sono quasi più cosciente di me stesso quando un vecchio mi si trascina al fianco, indirizzandomi uno sguardo complice accompagnato una frase incomprensibile. «Come scusi?» La frase viene ripetuta, una sequenza di suoni gutturali che hanno qualcosa di primordiale. Il jolly è andato, non ce lo si può giocare due volte di fila. Lo fisso negli occhi, cercando di assumere un'espressione adeguata e rispondo: «Sì». Mi guarda soddisfatto e se ne va. Ci ho preso.
Abbasso lo sguardo, sollevato, tornando a riflettere sulla miseria umana.

25 giugno 2010

Resoconto dalla nave dei folli

Domani Arcoiris

Il mio nuovo articolo su Domani. Questa volta si parla di disagio mentale e del variegato, complicato mondo che vi gira attorno.
Leggilo QUI.

21 giugno 2010

Cronaca di un mattino catodico

Schermata Rai

Ci sono io che guardo un gruppo di anziani che guardano la televisione. Sullo schermo un programma che elenca tutti i possibili mali patibili dal corpo umano, rateizzati in un numero indefinito di puntate. L'Ipocondriaca osserva a occhi sbarrati, quasi non respira per paura di perdersi quella parola che potrebbe salvarle la vita. Il luminare di turno sciorina le sue spiegazioni e lei inizia già ad avvertire quei leggeri dolori che sono presagio di catastrofe. Lui elenca i sintomi e lei risponde a tempo tastandosi leggermente una gamba, osservando meglio una macchia sulla pelle della mano, testando con piccoli movimenti la flessibilità delle giunture. La bocca si muove in silenzio, forse ripetendo le informazioni appena assorbite, forse lasciandosi andare nell'ultima preghiera.
Il Burbero sfoglia rumorosamente il giornale, borbottando qualcosa su questo genere di trasmissioni e sulla gente che le segue.
Pubblicità.
Passa il promo di un programma finalizzato a raccogliere fondi per non so quale progetto di chiaro indirizzo cattolico. E' a quel punto che noto il Commentatore. Inizialmente non vi avevo fatto caso, ma ora è lì, lanciato in una concitata spiegazione riguardante l'importanza di queste iniziative, non si può non notarlo.
Inizia il programma successivo: Forum.
L'attenzione generale torna a concentrarsi sulo schermo, il silenzio che accompagna la sigla ha qualcosa di sacrale. Questi non sono semplici fan, sono uno stuolo di adepti. Solo l'Apatico, in un angolo, sembra non essere toccato dalla cosa, continuando a fissare la pioggia battente oltre la porta a vetri. D'altra parte nulla sembra toccarlo.
Dopo le prime brevi fasi rituali di presentazione entrano i primi due protagonisti. Attori mediocri che interpretano persone mediocri, il risultato finale è abbastanza verosimile. il Padre paga il figlio per studiare, la Madre non vuole. Si litigano l'affido. Il Commentatore non aspettava altro. Si lancia, col suo accento toscano, nella spiegazione di come il Padre abbia torto marcio, come non abbia idea di quali siano i giusti sistemi educativi da adottare. Che poi un ragazzetto di quell'età con dei soldi in tasca chissà cosa può fare, al giorno d'oggi. Il Burbero esce e si incolla al filtro di una sigaretta. Lascia dietro di sé una scia sussurrata di improperi contro la pioggia, il mondo, Dio e gli uomini.
Dal gruppo delle Petulanti si levano sguardi di disapprovazione.
In tv i genitori hanno passato la staffetta al caso successivo: Lei1, giornalista, ha pubblicato sul giornale locale notizie (riguardanti il proprio padre) in cui rientra Lei2, seconda moglie del padre. Lei2 sostiene che la sua privacy sia stata violata e chiede un risarcimento. Il Commentatore, ormai protagonista indiscusso della situazione, quasi non prende il respiro per la fretta di iniziare a parlare. Difende Lei2, che le cose che riguardano la vita privata di una persona non andrebbero mica raccontate in giro. Ma tanto si vede che tra quelle due non scorre buon sangue, e chissà che storie ci sono sotto. Quell'accento toscano sta iniziando ad infastidirmi. E pensare che finora l'avevo sempre trovato simpatico. L'Informato invoca la legge bavaglio.
Arriva in telegiornale. Inaspettatamente il Commentatore si alza dalla sedia, raccoglie la sua vuvuzela di plastica rossa e se ne va. Ha tredici anni.
Sono mattinate come queste che mi fanno pensare che l'Italia, come paese intero, sia totalmente spacciata.

15 giugno 2010

Giocattoli antisemiti

ZicloneProprio stasera mi è capitato di vedere la pubblicità di un nuovo giocattolo. Carino, ma niente di originale. Una specie di freesbe che invece di volare parallelo al terreno si muove rimanendo perpendicolare al suolo. In dotazione non manca l'apposito pistolone spara freesbe. Un prodotto che piace ai bambini perchè fa tanto arma da fuoco ma piace pure alle mamme perchè dotato di quell'apprezzabile appeal da gioco-sano-all'aria-aperta.
A colpirmi, più che lo spot in sé, è stato il nome del prodotto: ZICLONE.
Prima un vago sentore, poi l'informazione ha trovato il giusto percorso tra le sinapsi e l'altro prodotto che porta praticamente lo stesso nome mi si è presentato alla mente. Questo:

Zyclon B

Detto Zyklon B, Zyclon B o Cyklon B, si tratta di un giocattolino che a suo tempo ha avuto parecchio successo, peccato piacesse in particolare a quei tizi che si salutavano alzando il braccio destro. Pessimi testimonial, col senno di poi. Per non parlare del loro capo coi baffetti, ne andava letteralmente pazzo! Piaceva un po' meno a quegli altri, quelli che non amavano troppo fare la doccia, ma si sa, nessun prodotto può coprire tutto il mercato. In seguito la storia commerciale dello Zyklon B non è stata molto fortunata, non credo la produzione sia proseguita a lungo. L'azienda che l'ha creato, la Bayern, sembra invece godere di ottima salute.
A quanto pare dell'evidente problema di naming non si è però resa conto l'azienda produttrice, dove a nessuno deve essere saltata in mente l'idea di fare una banale ricerca su Google. O se l'hanno fatta si sono accontentati della prima pagina di risultati. Pensare che si sarebbero risparmiati un sacco di problemi potenziali. Non per altro, ma dare ad un giocattolo praticamente lo stesso nome del pesticida largamente impiegato nei campi di concentramento per gasare gli ebrei non è certamente una geniale mossa commerciale. Prevedo enormi casini per l'ufficio marketing.
Magari esagero, ma non mi stupirei se a breve le associazioni ebraiche insorgessero, con tutto il casino che ne seguirebbe, ritiro dal mercato compreso, in attesa di un nuovo nome e tempi migliori.

13 giugno 2010

Sul PIL

Quoto Giovanni De Mauro, che, su Internazionale, quota Robert Kennedy:
«Oggi il nostro prodotto interno lordo ha superato gli 800 miliardi di dollari. Ma questo PIL include l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana. Include le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per chi cerca di forzarle. Include la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostre meraviglie naturali. Include il napalm, le testate nucleari e i mezzi blindati usati dalla polizia per reprimere le rivolte nelle nostre città. Include i programmi televisivi che esaltano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Il prodotto interno lordo, però, non include la salute dei nostri bambini, la qualità della loro istruzione o il piacere dei loro giochi. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la forza dei nostri matrimoni, l'intelligenza del nostro dibattito politico o l'integrità dei nostri dipendenti pubblici. Non misura né la nostra vivacità né il nostro coraggio, la nostra saggezza o il nostro sapere, la nostra compassione o la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, tranne quello per cui vale la pena vivere. E può dirci tutto sull'America, tranne perchè siamo orgogliosi di essere americani.»

(Robert Kennedy, Kansas University, 18 marzo 1968)


6 giugno 2010

All'opera

Carmen

Il televisore è nero, sottile, con un certo numero di pollici. Mi sta davanti. Acceso. Non ricordo più quanto tempo è passato dall'ultima volta che ne ho acceso uno di mia spontanea volontà. Mesi, parecchi mesi. Non per fare il fighetto snob, è semplicemente che l'ultima volta che fatto uso del telecomando (per sentire cosa diceva non-ricordo-chi ospitato da Santoro) lo schermo mi ha risposto con uno scoppiettante snow crash, esplosione di pixel bianconeri in delirio continuo. Tubo catodico in nevrosi. Ho pensato fosse colpa del passaggio al digitale terrestre. In realtà si era spostata l'antenna. Il digitale terrestre non ho ancora ben chiaro cosa sia, ma a quanto mi hanno detto da ste parti ancora non è passato.

Sta di fatto che dentro la televisione c'è Bizet. Cioè, non Bizet in persona. La Carmen di Bizet. La storia del tipo che se la fa con la zingara invece che con le donne del suo rango, creando un sacco di casini.

Ok, forse non è chiaro: la Carmen. Di Bizet. Nella tivvù. Italiana.

Io dalla tv taliana del 2010 magari mi aspetto qualcosa, ma mica gran che. Qui non stiamo negli USA. Negli USA hanno parecchi difetti, ma almeno la tv figa ce l'hanno. In Italia la tv figa ha l'aggettivo pay davanti. Io non la compro la tv, al massimo la accendo. Dalla televisione italiana al massimo mi aspetto un Floris, un Santoro, un Travaglio quando proprio va bene. Lubrano e Piero Angela sono roba d'altri tempi. Stasera mi sono trovato davanti dell'opera. La Rai mi sta stupendo ultimamente. Dopo avere trasferito Caterpillar dalla radio allo schermo, adesso mi buttano su pure Bizet. Nonostante la pessima interpretazione della Clerici, nonostante il fatto che non si accenni minimamente ai tagli alla cultura fatti dal ministero preposto, nonostante tutto mi chedo: vorranno mica fare tivvù seria? Ok che c'è Morandi, ma ci può anche stare. Sicuramente un consistente numero di telespettatrici datate (e relativi mariti) è attratto più da Morandi che dalla Carmen. E' la dura realtà: tira più una consonante di Morandi - foss'anche un'acca - che un carro di Bizet. Questioni di genetica culturale. Intanto lo stuolo di ultrasessantenni-casalinghe-di-Voghera sta davanti allo schermo a vedersi dell'opera, mica Emilio Fede.

Purtroppo mi scappa l'occhio sul calendario. Il 6 giugno. Estate. La gente d'estate non sta davanti al tubo catodico. O quantomeno non ci sta quanto in inverno. D'estate si sta fuori. Si vede gente. Si fa ciò che d'inverno si sotituisce col televisore. Una boccata di vita vera, pausa ai surrogati.
Poi magari mi sbaglio. Magari la Rai ha intenzioni serie, mi dico. Si sono resi conto della situazione, hanno capito che la storia non può andare avanti così. Non dico siano spinti dalla coscienza civica, ma almeno un bilancio lo sapranno inerpretare. E suppongo che i bilanci non siano gran che positivi, che non siamo mica più negli anni '50, adesso la gente la tivvù con l'aggettivo davanti sa cos'è. E sa come procurarsela.
Che la rivoluzione culturale tanto attesa stia infine arrivando, sull'onda dell'Auditel? Un po' lo spero. Non sarebbe male. Non sarebbe male per niente. Mi crogiolo un po'. Immagino: cultura in tv, giornali più bianchi che rosa, voto secondo coscienza, testamento biologico, politica rappresentativa, fondi alla cultura...
Sì, la disillusione sta sempre dietro l'angolo, tranquilli, lo so.

4 giugno 2010

Battaglie navali

Death of Rachel Corrie

C'era una nave che doveva arrivare. Carica di beni di prima necessità per un popolo stremato, ingabbiato nella sua stessa terra. Una terra assediata da bulldozer che la erodono lentamente, che spostano i confini un metro alla volta, come fossero trincee. Immagini della prima guerra che affiorano alla mente. Confini mobili, che non si possono veder muovere in nessuna cartina politica, più pericolosi perchè arbitrari, dettati dal desiderio di espansione e giustificati da una guerra mascherata da difesa. Che si stringono come un cappio. Movimento di frontiere assecondato non dal diritto internazionale, che continua a venire macellato dalle lente ruote degli organismi sovranazionali, ma dal Mercato - quello con la M maiuscola - che tutto vede e tutto può. La storia dell'oppressione di un popolo da parte di un'altro che ha scordato il motivo per cui si trova lì.

C'era una nave che doveva arrivare. Ma è stata assaltata da pirati in divisa. Azioni di guerra di nuovo mascherate da difesa, perdipiù verificatesi in acque internazionali, in una terra di nessuno dove non c'è arrembaggio che possa essere giustificato. Forze speciali con nomi ricamati sul taschino della divisa che si comportano alla stregua di pirati somali. Ci sono stati morti, feriti, prove fragili, sabotaggi e giustificazioni dure da digerire. I più stupidi adotteranno i cadaveri come bandiere. Ma anche qualche intervento insperato è giunto. Un valico si è aperto, il popolo prigioniero ha potuto nuovamente entrare in contatto col mondo. Ma nulla è certo, spiega Vittorio Arrigoni, che Gaza la conosce bene, la vede da dentro, ne conosce la polvere, il sangue e la disperazione. Ma chissà, forse almeno quest'apertura è dovuta, poiché, in fondo, ciò che è avvenuto non è altro che un attacco ad un convoglio trasportante aiuti umanitari. Sono cose difficili da spiegare. Ma non è detto che una spiegazione verrà data mai.

Ora una nuova nave sta arrivando. Porta il nome di Rachel Corrie, attivista morta nel 2003, uccisa da uno di quegli spietati bulldozer che quotidianamente mordono i confini di Gaza. La Rachel Corrie è l'ultima nave della Freedom Flottilla, partita in ritardo a causa di guasti non del tutto casuali. Arrivo previsto: la mattina del 5 giugno. Naviga verso il suo destino, con un nome che lascia ampio spazio ad oscuri presagi. E' ormai poco distante dal punto in cui il resto della flotta è stato arrestato. Gli occhi del mondo sono puntati sul quella piccola striscia di Mediterraneo e sull'altra Striscia, quella di terra, che le sta di fronte.
Forse tutto andrà bene, forse no. In ogni caso prima o poi gli occhi del mondo torneranno a guardare altrove, dimenticheranno nuovamente il sopruso che nei Territori si compie ogni giorno, che inonda con l'amaro sapore dell'umiliazione le bocche di chi si trova circondato, minacciato e imprigionato in casa propria. Di un popolo oppresso il cui futuro viene calpestato da un altro popolo che ha dimenticato da ormai troppo tempo il significato della parola persecuzione.




29 maggio 2010

Sbattere l'arte in strada

Exit

L'arte non è elite. L'arte sa essere dolce, leggiadra ed evocativa esattamente come violenta, sporca e feroce. L'arte vive fuori dalle porte di musei e gallerie, quelli non sono che cimiteri, loculi incorniciati per sensibilità d'altri tempi. Supermercati del buongusto di massa. Non è rimasto nulla di vivo lì dentro. L'arte si rotola nel fango, si arrampica sui muri e si nasconde nelle cantine. L'arte urla rabbia con parole di vernice. L'arte è lì fuori. E ti sta osservando.

25 maggio 2010

La Crisi anticoncezionale

Pubblicità Durex

Il Vaticano, nella persona del cardinal Bagnasco, è preoccupato. Ciò stupisce: ci si è ormai abituati a vederlo minaccioso, adirato, recriminatorio, apocalittico, ma preoccupato era un pezzo che non si mostrava. Manca giusto un po' di carità e poi potremmo anche riammetterlo alla comunione.
Questo moto di preoccupazione a cosa è dovuto? Alla legge sulle intercettazioni che mette al patibolo la libertà di stampa? No. Alla piattaforma inabissata Horizon Deepwater e alle sue sorelline minori che ancora spargono greggio per i sette mari? Neanche sognarselo, cormorani e delfini non hanno anima, solo quel fricchettone di San Francesco avrebbe potuto pensarlo. Il problema è allora il famigerato piano anti-crisi? Sì, quasi. Cioè, l'imposizione fiscale diretta non fa parte dell'universo vaticano, il problema è l'influsso che ciò ha sulla riproduzione umana. Sì, la Crisi si è dimostrata un ottimo anticoncezionale. In Italia il 50% delle coppie sposate non ha figli.
La diagnosi vaticana è lapidaria: suicidio demografico. Le misure da prendere chiarissime:
«Bisogna tentare di uscirne attraverso parametri sociali nuovi e coerenti con le analisi fatte". "Da parte nostra ci impegniamo affinché nella pastorale familiare, e in quella volta alla preparazione al matrimonio, si operi per radicare ancor più la coscienza dei figli come doni che moltiplicano il credito verso la vita e il suo domani.»
Chiaro, efficace e determinato. Un Terminator in paramenti sacri. Sicuramente l'arsura economica farà la sua parte, ma la possibilità che le coppie scelgano deliberatamente di non fare figli per una qualche inezia come - chessò - la realizzazione personale non sfiora minimamente l'onorandissimo capo. Chissà poi se nel conto hanno considerato le coppie non sposate con figli (che se c'è crisi la prima spesa che si taglia è quella matrimoniale) o le ragazze madri.

Fossi nel Vaticano aprirei un po' gli occhi, in particolare valuterei le istanze che si stanno facendo strada sul fronte austriaco. Su dal nord arrivano infatti dicharazioni quali: «Il Vaticano dovrebbe aprire un confronto sul celibato dei preti e l’ordinazione di uomini sposati». E a rilasciarle sono nientemeno che dei porporati.
La storia insegna: prendere i voti è sempre stato un ottimo modo per avere vitto e alloggio garantiti quando la povertà morde i garretti, ancora meglio che entrare nell'Arma. Abolire il celibato abbatterebbe uno dei principali divieti che limitano il passaggio dei laici allo stato clericale. La crisi delle vocazioni verrebbe bloccata e la Chiesa dimostrerebbe finalmente uno spiraglio di apertura mentale. Tre piccioni con una fava. Per non parlare dei preti, che ottenendo il permesso di avere figli potrebbero finalmente tornare alla coerenza e smettere di utilizzare il preservativo. O magari sfogare in modo più sano quegli altri vizietti.

24 maggio 2010

Q

Luther Blisset - Q
«Jan cammina per queste vie, senza meta come un naufrago alla deriva, e cerca un segno, un indizio, che faccia capire se proprio qui troverà ciò che cerca. Il tono sale rapido: - Stupido coglione, figlio d'una cagna di Leida! Il segno non è intorno a te, non è nei muri, nei mattoni, nella calce, nei ciottoli, no, non troverai ciò che vai cercando. Il segno è la ricerca stessa, il segno sei tu che arranchi nel fango delle strade. Siete voi. Noi che siamo in cerca: noi che siamo l'adesso, il già e non ancora. I vecchi sono fermi, sono già stati. Vecchi credenti già morti. Il mattone della Cattedrale non dice nulla. I vostri sguardi invece dicono che Dio è qui, Dio è qui adesso, il Suo Spirito è tra di noi, in questa giovinezza, in queste braccia, questi muscoli, gambe, seni, occhi. Qualcosa di immenso si prospetta sulla soglia della vita, sporca, maledetta, insulsa vita di merda che credevi una scoreggia silenziosa nel piano divino. E invece no! Dio farà di te un soldato. Ascoltalo: Egli ti chiama a un'impresa. Ascoltalo, ascoltalo dentro. Ecco, lo senti chiamarti all'appello per nome, per l'ultima battaglia. Jan, ascolta, maledetto verme! - Gli occhi si stringono improvvisamente, due fessure azzurre, volano rasenti alle teste, planano, poi si alzano di nuovo, in un sibilo: - Sí, tu, buffoneciarlatanoputtaniere, perché è di questo che stiamo parlando, che ti credi!? Pensavi di lottare per uno straccio di carta imbrattata delle tue libertà civiche!? All'inferno! Dio ti sta parlando di ben altro: non di Münster, no, non di queste case, queste pietre, queste strade, non di tutto questo com'è ora. Ma di quello che diventa. Di voi e di me nella Città, fratelli! Dio non chiede di combattere per un trattato, non per una pace equa: ma di combattere per la Nuova Gerusalemme. Cielo e terra nuovi! Un mondo, il nostro nuovo mondo al di qua dell'Oceano! - Panico e di nuovo stupore negli sguardi. - Questa è la promessa che bandisce i ciarlatani, gli indecisi, gli inetti, la feccia sorda alla chiamata. Che ci mollino ora e raggiungano il cimitero della vecchia fede. Noi edificheremo la piramide di fuoco, noi fonderemo la Nuova Gerusalemme.»

Sostituire la parola "Dio" con "Rivoluzione", "Destino", "Potere" o "Pollo alle Mandorle", a piacimento.

Un tributo a Luther Blisset, in una delle sue molteplici personificazioni.

20 maggio 2010

Evasori alle Fiamme (Gialle)

Rogo di eretici

Maggio mese di liste. Dopo quella di Anemone, che raccoglieva in ordine sparso amici, clienti e favoreggiatori dell'imprenditore, e su cui ancora non si è capito gran che, ecco che la tanto attesa - e ben più chiara - lista Falciani valica infine le Alpi. La suddetta lista, sottratta alla Hsbc di Ginevra da Hervè Falciani, ex dipendente della holding (nel ruolo di tecnico informatico), contiene informazioni su circa 127.000 conti correnti, riconducibili a 80.000 persone residenti in 180 paesi. Gli italiani sarebbero 7.094. I dati dei conti risalirebbero al 2006/2007, ma c'è anche chi dice 2008. Chissà in quanti se la staranno facendo sotto. Spero tanti. A volte godere della disperazione altrui è davvero salutare. Non foss'altro chè questa categoria di meschine soddisfazioni è comunque l'unica concessa ai lavoratori stipendiati (quando va bene), con aliquota fissa al 20%, senza possibilità di trattativa.