21 settembre 2010

Sotto tiro

Silenzio!

"Ore passate a ricordare. Delle mazzate, dei colpi di bastone che miravano alla testa parati dai polsi e dagli avambracci maciullati. Del fuoco che avvolge una macchina e il portone di casa, dei cinque spari, dell’urlo di mia madre e del vetro della mia macchina infranto sottocasa. Della voglia di mollare, in fondo ho 24 anni, studio all’università, posso ancora cambiare lavoro. Del mio ragazzo che se sapesse che sono qui con voi a raccontare queste cose… Della solitudine o della solidarietà, dell’isolamento, dell’impossibilità di continuare a fare il mio lavoro perché al palazzo di giustizia da allora nessuno mi ha rivolto più la parola. Dei bossoli in una busta, della mia firma stampata sulla carta con una croce rossa sopra, e le parole battute il giorno prima sottolineate da una mano mafiosa. Di come lo dico ai miei genitori, ché a trentaquattro anni vivo ancora con loro, con uno stipendio di 400 euro al mese. Di quando sono stato sequestrato per due ore da un sorvegliato speciale con una pistola in tasca che mi obbligava a cancellare le foto che avevo fatto. Di quando ho temuto per i miei figli. Di quando anche mia moglie le ha prese per difendermi da un aggressore indiavolato." *

Saviano non è che la punta dell'iceberg. Troppo spesso le penne possono essere esplosive se si scrivono le parole sbagliate, se si fa un passo di troppo, entrando in un terreno che qualcun'altro ritiene casa propria. E lo difende con i denti. L'informazione è il sale della democrazia? A volte non è che un lusso, un lusso che non sempre ci si può permettere se si vogliono dormire sonni tranquilli. Il giornalismo in terra di mafia ma non solo, dalle voci di chi la sfida di informare la vive tutti i giorni. E a volte di coraggio ce ne vuole davvero. Da un'idea di Antonella Beccaria un progetto per Domani Arcoiris. Si sta iniziando a lavorarci. Stay tuned.



* da "Informazione a rischio pallottole" di Roberta Mani e Roberto Salvatore Rossi

19 settembre 2010

La pazienza è finita

Lo sport preferito dei votanti PD è il tiro al segretario, diceva l'altro giorno Bordone. E sono abbastanza convinto lo dicesse lui, anche se Google, nonostante le mie ripetute minacce, si rifiuta di confermare questa convinzione. Io il PD manco lo voto, ho una masochistica predilezione per l'afona rappresentanza extraparlamentare, ma dall'acostruttivo sport nazionale non riesco proprio a esimermi, soprattutto quando capitano tali ghiotti bocconcini:

La pazienza1

La pazienza2

La pazienza3

La pazienza4

(via ceci n'est pas un tumblr)

18 settembre 2010

Di roghi e di lumi

Illuministi

Dunque questi signori lucidi e bene informati hanno ragione, e se la prendono. Così ci portano i lumi.
Ma cosa vogliono in cambio?
In cambio ci tolgono la notte, la magia, il mistero onirico, i cimiteri, gli amanti protesi dai balconi, le mirabili scope volanti delle streghe, gli esili fianchi di Giovanna e l'occhio profondo di Morgana, lasciandoci come premio di consolazione qualche anatra meccanica e un po' di formule geometriche.
Le streghe non si devono bruciare, d'accordo. Ma questo ci vieta di cedere alla loro malìa? In nome di argomenti opposti a quelli per cui l'Inquisizione bruciava le streghe (ma identici per intransigenza e irrimediabilità degli effetti) l'illuminismo vieta ora di amarle. Anzi, vieta di esserlo.
Insomma, brucia gli stessi libri che bruciavano i preti: i preti perchè ci credevano, e per questo li temevano; gli illuministi perchè non ci credono, e li temono lo stesso.
Si spengono così roghi irrazionali per ergere ghigliottine razionali. Si abbattono dèi irragionevoli per deificare la Ragione.

da "Elogio del libertino" di F. Cuomo

9 settembre 2010

Noi e gli altri

il ministro Carfagna

Se c'è una cosa che non sopporto è la strumentalizzazione di fatti importanti, fatti degni del più profondo e ampio coinvolgimento civile e umano, piegati al servizio di ideologie e schieramenti che di civile hanno ben poco.
E' una cosa che mi manda in bestia.
Non solo per la dimostrazione di meschinità e pochezza morale di coloro che si rendono protagonisti di tali azioni, ma anche per la spudoratezza
con cui fino al giorno prima (e probabilmente dal giorno successivo) gli stessi davano sfoggio di comportamenti assolutamente assimilabili a quelli condannati, ascrivibili alla medesima deplorevole categoria.

Mi riferisco naturalmente al caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani. Sono daccordo, tra noi e loro (dove per "loro" si intendono le istituzioni, il sistema giudiziario, quello politico e gli apparati di sicurezza dei governi islamici integralisti) di differenza ne passa un bel po'. Ad esempio che qui le storie di adulterio si trovano più a loro agio tra le pagine patinate di Novella3000 che negli schedari dei tribunali. E' quindi giusta e degna d'appoggio ogni azione volta a combattere una tale barbarie mascherata da cultura. Sì, lo è anche la gigantografia di Sakineh fatta appendere dalla Carfagna fuori dal suo ministero, nonostante la sua dubbia utilità.

Ma quanto questa fiammata di ribellione verso tale indiscutibile offesa alla dignità umana è dovuta ai principi? O almeno, qual'è la percentuale di indignazione dovuta al fatto che ciò avvenga in Iran e non, chessò, nelle isole Svalbard? O in Russia, tanto per fare un esempio piuttosto verosimile.

In Italia le cifre riguardanti la violenza sulle donne paiono un bollettino di guerra. Nel 2009 si sono raccolti da terra 119 cadaveri. Violenze perpetrate principalmente da maschi italiani, amici o parenti e concentrate nel ricco Nord. E non è che non esistano metodi per controllare e ridurre tale spirale di violenza. Smplicemente - come scrive Francesca Molfino in un interessante e approfondito articolo - gli strumenti esistenti, e già in uso con successo all'estero, in Italia non vengono adottati. In Italia non vengono stanziati fondi per istituire e mantenere i centri d'appoggio e consuilenza necessari. In Italia non viene formato adeguatamente il personale che si trova a dover affrontare quotidianamente i casi ad alto rischio. Nonostante ciò nel nostro paese i casi di femminicidio scalano le agende di cronaca per qualche giorno e poi ricadono irrimediabilmente nel dimenticatorio. Venga ora la Carfagna ad attaccare sul Ministero delle Pari Opportunità la foto di ogni donna che nel Bel Paese rischia la vita non "a causa delle istituzioni", ma per la totale assenza di esse. Mezza Roma le servirebbe.

Quelle che si levano dalla bocca di buona parte della classe politica italiana (al governo e non) non sono grida di rabbia e sdegno, sono gratuiti slogan pre-elettorali. E' ributtante.

Naturalmente ciò lo sanno benissimo anche i vertici iraniani, che danno adito alla possibilità di annullare la condanna della donna, ma che probabilmente la stanno solo posticipando. Invece di attendere il termine del Ramadan si aspetterà che si spengano le polemiche, poi come per incanto la "revisione" a cui è sottoposto il caso si tramuterà nuovamente in condanna. Condanna che verrà eseguita al volo, probabilmente in silenzio. Poi vedremo se si leverà clamore per difendere la dignità di un cadavere.

Ma la ridicolezza dell'opposizione NOI vs. LORO si esemplifica in innumerevoli altri ambiti.
Noi giusti, loro iniqui?
Noi democratici, loro barbari?
Noi misericordiosi, loro sanguinari assassini?
Noi figli dell'illuminismo, loro menti affogate nell'integralismo religioso?
Noi capaci di garantire un trattamento umano anche nella pena, loro brutali lanciatori di pietre incapaci di sentimenti?

Lo si chieda a chi in Italia viene stipato nelle carceri; agli immigrati in cerca di rifugio reclusi nei CIE, alla faccia del diritto internazionale; a chi in cella ci crepa, ammazzato dalla disperazione o dai manganelli degli sbirri. A tutte quelle categorie periferiche, di scarto, a cui quotidianamente viene sputato in faccia.

Perchè ogni giorno non sento nessuno indignarsi di ciò?

7 settembre 2010

7 anni in Iraq

Marines Sonata

Noi non ci siamo abituati. O almeno viviamo l'informazione in modo malato, come uno schieramento con cui stare, una trincea da difendere. Negli USA funziona diversamente. Tante cose funzionano peggio, ma almeno lì l'informazione ha un ruolo serio. Sì, spesso schierato, ma schierato su molto più di due fronti, è un'informazione di quelle che manco ci immaginiamo, è l'informazione di un paese civile. Sull'effettivo livello di civiltà degli Stati Uniti ci sarebbe poi molto da questionare, ma per una volta atteniamoci a questo ambito.
E' il giorno del ritiro delle truppe statunitensi dall'Iraq. Sempre che ritiro si voglia definire il lasciare di stanza 50.000 soldati per indefiniti "scopi civili", per non parlare dei 7000 contractors privati, i cui scopi restano indefiniti a priori. Comunque in questa data il New York Times, pubblica una bruciante photogallery che racconta sette anni di guerra irachena. Sette anni. Pareva meno. Il tempo vola quando non ti piovono bombe in testa.
Facendio ciò il NYT esplicita due principi basilari del (foto)giornalismo moderno:
    - L'informazione ha un imprescindibile ruolo sociale.
    - Non sempre le parole sono indispensabili per spiegare al meglio le cose.

Quindi basta frasi, che parli l'obiettivo.

3 settembre 2010

The amazing Gheddafi Show

lezioni di Corano


PUM. PUTU-PUM.

CLANG. SDEGHE-DENG.

Le prime le palle, le seconde le maschere. Il discorso dell'altro giorno di Gheddafi è riuscito a far cadere di tutto. A far da cornice le discutibili e alquanto ridicole celebrazioni del secondo anniversario per il Trattato di amicizia italo-libico, evento in perfetto, pomposo, stile colonialista per celebrare la presunta fine del colonialismo. Festival di cattivo gusto, bassi istinti e goliardiche pagliacciate, nello stile a cui Gheddafi ci ha abituato, mostrandoci una versione alternativa dell'Italia berlusconiana in altre circostanze storico-politiche.
Il clima aveva quindi già di suo una certa tendenza ad attrarre gli oggetti al suolo, ma a dare il via ufficiale alla sequela di cadute di maschere e palle sono state le parole del Colonnello, più o meno queste:
"La Libia chiede all’Unione Europea che l’Europa offra almeno cinque miliardi di euro all’anno per fermare l’immigrazione non gradita. Bisogna sostenere questo esercito che combatte per fermare l’immigrazione, altrimenti l’Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. La Libia è l’ingresso dell’immigrazione non gradita, dobbamo lottare insieme per affrontare questa sfida. L’Italia deve convincere i suoi alleati europei per applicare la proposta libica".
Inaspettatamente per un tale festival della retorica, si sono finalmente dette le cose come stanno: dietro alle ipocrite dichiarazioni che un dittatore sanguinario fa rispetto alle "ingiustizie coloniali", dietro le patine dorate e i sorrisi di falsa amicizia, dietro gli eventi da rivista di gossip, le lezioni di corano, le amazzoni e i cavalli berberi, lo scandalo e il clamore, dietro tutto questo baraccone c'è un solo accordo cruciale: quello economico. Soldi in cambio di uomini. In cambio del contenimento di uomini. Una tratta di schiavi al contrario, dove si paga per impedire ai disperati di fuggire dal proprio paese, o quantomeno per bloccarli appena al di là della linea dell'orizzonte. Come e con quali mezzi non importa, quello che conta è che l'opinione pubblica non ne sappia niente, non senta parlare di disastri marittimi e di respingimenti in acque aperte. Soldi spesi per spegnere anche l'eco di quel grido di miseria e disperazione che giunge dalle sponde meridionali del Mediterraneo.
Schiavismo al contrario accompagnato da un razzismo anch'esso di segno opposto, un capo di stato africano che fa appello ai più bassi istinti, alle più fosche paure come e meglio dei leader di casa nostra, lasciando intendere il pericolo di un'Europa che “potrebbe diventare nera” in mancanza del suo ruolo di guardiano delle porte africane. Gheddafi riesce sempre a stupire.

Stando al rapporto 2010 di Amnesty International in Libia "il ricorso alle frustate per punire le adultere, la detenzione a tempo indeterminato e le violenze nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, così come i casi irrisolti di sparizioni forzate di dissidenti sono all'ordine del giorno.(...) Le violazioni dei diritti umani continuano a essere commesse dalle forze di sicurezza, in particolare dall'Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo. Queste persone possono essere trattenute senza contatti con l'esterno per lunghi periodi di tempo, torturate e private dell'assistenza legale."

Un'alleanza è prima di tutto una condivisione di intenti, obiettivi e valori.
Noi siamo alleati alla Libia, quindi condividiamo tutto ciò, in spregio ai più basilari accordi internazionali in tema di diritti umani. Se ne prenda atto.