6 giugno 2010

All'opera

Carmen

Il televisore è nero, sottile, con un certo numero di pollici. Mi sta davanti. Acceso. Non ricordo più quanto tempo è passato dall'ultima volta che ne ho acceso uno di mia spontanea volontà. Mesi, parecchi mesi. Non per fare il fighetto snob, è semplicemente che l'ultima volta che fatto uso del telecomando (per sentire cosa diceva non-ricordo-chi ospitato da Santoro) lo schermo mi ha risposto con uno scoppiettante snow crash, esplosione di pixel bianconeri in delirio continuo. Tubo catodico in nevrosi. Ho pensato fosse colpa del passaggio al digitale terrestre. In realtà si era spostata l'antenna. Il digitale terrestre non ho ancora ben chiaro cosa sia, ma a quanto mi hanno detto da ste parti ancora non è passato.

Sta di fatto che dentro la televisione c'è Bizet. Cioè, non Bizet in persona. La Carmen di Bizet. La storia del tipo che se la fa con la zingara invece che con le donne del suo rango, creando un sacco di casini.

Ok, forse non è chiaro: la Carmen. Di Bizet. Nella tivvù. Italiana.

Io dalla tv taliana del 2010 magari mi aspetto qualcosa, ma mica gran che. Qui non stiamo negli USA. Negli USA hanno parecchi difetti, ma almeno la tv figa ce l'hanno. In Italia la tv figa ha l'aggettivo pay davanti. Io non la compro la tv, al massimo la accendo. Dalla televisione italiana al massimo mi aspetto un Floris, un Santoro, un Travaglio quando proprio va bene. Lubrano e Piero Angela sono roba d'altri tempi. Stasera mi sono trovato davanti dell'opera. La Rai mi sta stupendo ultimamente. Dopo avere trasferito Caterpillar dalla radio allo schermo, adesso mi buttano su pure Bizet. Nonostante la pessima interpretazione della Clerici, nonostante il fatto che non si accenni minimamente ai tagli alla cultura fatti dal ministero preposto, nonostante tutto mi chedo: vorranno mica fare tivvù seria? Ok che c'è Morandi, ma ci può anche stare. Sicuramente un consistente numero di telespettatrici datate (e relativi mariti) è attratto più da Morandi che dalla Carmen. E' la dura realtà: tira più una consonante di Morandi - foss'anche un'acca - che un carro di Bizet. Questioni di genetica culturale. Intanto lo stuolo di ultrasessantenni-casalinghe-di-Voghera sta davanti allo schermo a vedersi dell'opera, mica Emilio Fede.

Purtroppo mi scappa l'occhio sul calendario. Il 6 giugno. Estate. La gente d'estate non sta davanti al tubo catodico. O quantomeno non ci sta quanto in inverno. D'estate si sta fuori. Si vede gente. Si fa ciò che d'inverno si sotituisce col televisore. Una boccata di vita vera, pausa ai surrogati.
Poi magari mi sbaglio. Magari la Rai ha intenzioni serie, mi dico. Si sono resi conto della situazione, hanno capito che la storia non può andare avanti così. Non dico siano spinti dalla coscienza civica, ma almeno un bilancio lo sapranno inerpretare. E suppongo che i bilanci non siano gran che positivi, che non siamo mica più negli anni '50, adesso la gente la tivvù con l'aggettivo davanti sa cos'è. E sa come procurarsela.
Che la rivoluzione culturale tanto attesa stia infine arrivando, sull'onda dell'Auditel? Un po' lo spero. Non sarebbe male. Non sarebbe male per niente. Mi crogiolo un po'. Immagino: cultura in tv, giornali più bianchi che rosa, voto secondo coscienza, testamento biologico, politica rappresentativa, fondi alla cultura...
Sì, la disillusione sta sempre dietro l'angolo, tranquilli, lo so.

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