10 agosto 2010

Shanghai

Imbarcazione di clandestini

Shanghai. Una manciata di shangai gettati a caso tra i flutti. Fatti di pelle e sangue, sì, ma comunque appartenenti più al mondo dei numeri che a quello degli umani, contraddistinti più da colore e provenienza che da singoli volti e nomi. Chi ha mai conosciuto anche solo un nome tra quei tanti divorati dal mare? Mare Nostrum, lo chiamavano. Ora forse ne hanno più diritto loro che noi, foss'anche solo per numero di presenze. Sui fondali. Oppure, al contrario: nostro il mare, nostri i morti. Si faccia una scelta.
Stiamo parlando di gente, gente vera in fuga da una miseria verso un'altra, gente con facce, occhi, denti, scarpe, rabbia, una foto infilata in una tasca e la paura che attanaglia il cranio al pensiero di avere fatto un madornale errore. Gente dubbiosa se partire o meno, se abbandonare tutto sperando in qualcosa di meglio: in un alloggio di fortuna in una stanza sovraffollata e qualche moneta da rispedire a casa per non obbligare altri a questa grigia odissea. La gente cola a picco e si discute ancora sul rispetto di accordi, ci si rimpallano responsabilità, si puntano indici accusatori verso tende di lusso piantate al di là del mare. Il ministro degli Interni Roberto Maroni nega l'aumento di sbarchi: "I numeri lo smentiscono". Numeri, cifre, percentuali.
E invece sono facce. E', ad esempio, il volto del pakistano trovato morto sulla costa del catanzarese venti giorni fa. O quella di uno di quei cinque che un mese fa, al largo della Spagna, si sono trovati sulla barca sbagliata, due dei quali attraversavano il mare ancor prima di aver imparato a camminare. Per non parlare di tutti i senza nome trascinati in fondo a quel cimitero che è il mare al largo di Lampedusa. Ma quello che qui si vuol dare non è l'ipocrita tocco tragico fin troppo comune nei media italiani, quanto piuttosto una piccola idea, la vaga percezione della differenza tra una cifra ed un uomo. Impresa difficile, forse al di sopra della capacità di chi scrive, me ne rendo conto.
Il punto è che si potrà cercare in tutti modi di impedire ai clandestini di arrivare, che tanto ci proveranno lo stesso, troveranno nuove rotte. E se non potranno più venire qui andranno da un'altra parte, dove magari tutto è ancora più difficile e la morte passa un poco più vicina, ma dove comunque c'è qualche speranza in più rispetto a casa propria. O anche solo qualche grammo di terrore in meno. Non è resistenza ma esitenza. Dallo spirito di ribellione si può anche desistere, cedere, finendo totalemne piegati, ma la sopravivenza è un'altra cosa, sta scritta in ogni filamento di DNA. Ci si può far plagiare l'anima e i principi ma non ci si lascerà mai strappare la pelle di dosso. Non è una cosa che si può contrastare o regolare con leggi, accordi o comandamenti perchè è inamovibile, radicata là sotto dove dovrebbero aver radice i più profondi valori umani.

Il ministro degli Interni Roberto Maroni nega l'aumento di sbarchi: "I numeri lo smentiscono".

Dovrebbero.

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