29 gennaio 2012

L'isola più a sud - parte1


26/01

Mentre mi fisso i piedi, seduto su un sedile del 109 per Port Melbourne, do la nave ineluttabilmente per persa. Così invece non fu. Il nostro ritardo rispetto agli orari d'imbarco era tale che probabilmente anche il brucomela ci avrebbe lasciato a piedi, l'imbarcazione però ci aspetta, comprensiva. Salgo a bordo talmente trafelato che non mi preoccupo nemmeno di accordare i tempi verbali.

9 ore dopo la Tasmania ci accoglie con un'aria pesante e grigia da distretto portuale. Siamo in due: io e Clemence, una belga non particolarmente bella, non incredibilmente simpatica e, sospetto con forza, nemmeno spiccatamente intelligente. Clemence fa parte di quella categoria di backpacker che per vari motivi disprezzo: gente per cui i luoghi nuovi si riducono a cornice dello schermo del laptop, mammoni erranti, mostruosi prodotti della digitalizzazione globale. Clemence attacca pezze spaventose a ogni francofono che incontra. Clemence non sa fare niente. Clemence è l'eredità lasciatami da Ukkia&friend dopo la spedizione sulla Great Ocean Road (che ha meritato, nonostante la perfettibile crew, il troppo italiano e le eccessive foto di gruppo dove nascondo il disagio da posa dietro espressioni boriose).
In fondo non è che Clemence non mi piaccia come backpacker: non mi piace proprio come essere umano. Il caso ha però fatto coincidere le nostre strade per qualche giorno. E' questo che non amo del caso: è un tizio poco sensibile verso i gusti altrui.

Ok, era uno sfogo.

Tornando alla Tasmania: dopo aver guadagnato nuovamente la terraferma ci incamminiamo verso il centro di Devonport. Zaini in spalla, attraversiamo il ponte che collega le due sponde del fiume, passiamo un negozio di pneumatici, un benzinaio, una libreria specializzata in bibbie, un negozio di pneumatici, un convenience store e un negozio di pneumatici. Gli penumatici vanno forte da queste parti. Oggi è l'Australia Day, tutto è chiuso, desolato. Pare d'essere in una canzone degli Offlaga Disco Pax.
Il primo ostello che incontriamo ha disponibilità di letti. Facile. Il posto è piccolo, pulito, la gente pare più amichevole, più ricettiva rispetto a quella che sta nei grandi ostelli delle grandi città. Sarà che in sta cittadina o ti fai spalla a vicenda o davvero rischi la morte per apatia. In bagno c'è un ragno grande metà del mio palmo. Si chiama Ed. Ci fermiamo solo per la notte, domani partiamo per Hobart.


27/01

Il primo autobus per Hobart invece di partire alle 11, come indicatoci, è posticipato alle 17. Disappunto.
Scrivo da clandestino, agganciato abusivamente al wi-fi nemico di un McDonald dove la qualità della connessione è pari a quella dei panini, mi annoio, conto le ore che mancano alla partenza ed escogito piani per seminare Clemence.

continua

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