25 gennaio 2012

Portaburro in argento blasé


L'impressione è quella di perdere i lacci.
Guardi il tuo paese da lontano e non riesci più a capire tanto bene come funziona. O quantomeno non ci riesci bene come prima. Sarà che è un universo complesso, fatto al contempo di Monti e di Schettino, di taxisti, di notai e gente in piazza coi forconi, di barconi e di crociere, di sì e di no sugli stessi argomenti, a volte con alle spalle le medesime argomentazioni. Un microcosmo che richiede dedizione, che non si fa interpretare dal primo che passa, che bisogna saper leggere tra le righe delle note a bordo pagina, nelle scritte sui muri dei cessi pubblici, a volte sugli striscioni in curva degli ultrà. Non basta mica sfogliare ogni tanto qualche blog e dare saltuariamente una sbirciata a Repubblica.it.
La testa dell'Italia concede sì la comprensione, ma pretende l'anima in cambio.

L'impressione è quella di perdere i lacci, di essere un pezzo dell'imbarcazione alla deriva, componente magari piccolo e secondario, tipo un portaburro, attraccato su isole lontane e proiettato entro altre dinamiche, elemento a se stante, preso da altre cose, ormai scialuppa, a modo suo.
Poi però incontrando connazionali lungo la strada ti rendi conto di avercela sempre sotto gli occhi, l'Italia. Ci metti un po' a capirlo, è un cambio di prospettiva, come Street View di Google Maps: non hai davanti l'attualità, ma frammenti storicizzati del Paese, cose che erano lì, ci sono ancora e probabilmente ci saranno anche domani. Sono fotografie, scorci di italianità. Ne trovi di ogni, dallo smargiasso cazzo-mi-frega che tanto lo so io come va il mondo alla testa brillante e timida fuggita da qualcosa e persasi per la strada; dal gretto e ignorante allo sgamato e scaltro; dal pizzaiolo all'ingegnere; dal siciliano all'altoatesino. E ognuno diventa a suo modo archetipo, portabandiera, ambasciatore di pezzi di storia, cultura e tradizioni radicate a fondo, che vedi trapelare nei discorsi, nelle cadenze e nei dialettismi, patrimonio involontario che a volte si mostra fugace tra i movimenti delle mani.
Quando andiamo via di casa ci portiamo dietro, tutti, un bagaglio molto più ingombrante di quello che sta in valigia. L'impressione è quella di perdere i lacci, ma in realtà è prorio un pezzo d'Italia che si stacca e viene via con te.

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