Sono io, quel puntino bianco che vaga senza pace per il sud-est australiano, ancora lì che lo cerco: il bandolo della matassa, l’inizio di sto viaggio.
Scegliendo di muovermi verso nord da Sydney ero finito fuori strada, ma se non altro ho avuto modo di capire che quella specie di incrocio tra la réclame di un detersivo e l’immaginario di un surfista fattone – che, nella mia ancora grande ignoranza delle cose australiane, identifico con la Gold Coast – non è il posto giusto dove fermarsi. E' solo un'altra Riviera Romagnola, in versione iper-proteica e patinata di California, ma nulla di nuovo rispetto ai luoghi dove ho passato la mia vita sinora.
Cioè, non so bene cosa io stia cercando, ma per ora sono abbastanza certo di non averlo trovato.
Tornare indietro quindi!
Verso quel sud da cui avevo deviato così, per il gusto di sovvertire i piani. Arriverà anche il tempo del nord, il settentrione estremo di Cairns e Darwin, ma ancora è presto, sta iniziando la stagione delle piogge lassù. Le tempeste vi si annidano a greggi.
Certo, le distanze australiane non rendono facili i dietrofront. Per la prossima volta, l’ho imparato: muoversi in questo stato richiede riflessione. Che se poi devi tornare indietro son cazzi.
C’è voluto un viaggio della speranza di 28 ore tra treni e corriera, attraversando la frontiera del Queensland, tagliando il New South Wales, sfiorando Sydney, attraversando il Great Dividing Range e doppiando Canberra, per sfociare infine nello stato del Victoria.
Pascoli e bush - bush e pascoli, e stazioni ferroviarie che paiono uscite da una canzone di Johnny Cash. Attraversando lande dove il cellulare non vede una tacca per ore, ma poco importa, che non c’è sta gran urgenza di sentir gente. 1600 km a piedi scalzi su treni dai pavimenti rivestiti di moquette. Un'Italia e un po'.
Comfort linee ferroviare australiane: voto 8.
Considerando il fattore Economy Class, sia ben chiaro.
E infine Melbourne, la volubile.
A vedere se riusciamo a volerci bene per un po’.
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