11 dicembre 2011

Catinelle

A Melbourne quando piove non scherza per niente.
L'acqua vien giù a scrosci, a secchi, a cascate. Piove come se tutti gli angeli incontinenti del paradiso si fossero messi a pisciare in una volta sola, un diluvio che pare non debba esserci alcun domani.
E se è notte e tu sei appena uscito dal lavoro e ti sei già scolato 3 birre in attesa che le nuvole si spremano, dando retta alla tua logica boreale secondo la quale l'intensità della pioggia è inversamente proporzionale alla durata dell'acquazzone - ma evidentemente in questo emisfero non funziona così - chiacchierando con indigeni che pronunciano in tre sillabe ciò che tu dici in tre parole, e sotto i porticati trovi buskers che si esibiscono alle 2.30 (dueetrenta) della notte, bardati come non sapessero cos'è una dignità, e sulla via di casa, sotto l'acquazzone, scambi con gli altri fradici passanti quei saluti brevi e solidali che contraddistinguono i compagni nella sventura, con qualcuno che addirittura augura buonafortuna, e fidandoti del tuo orientamento imbocchi scorciatoie fino a che non ti rendi conto che quella fiducia è stata un grossolano errore, e alla fine arrivi in ostello e fradicio ti butti nel letto della tua camerata da 16, dopo aver scambiato quattro chiacchiere in bagno con altri umidi soggetti provenienti da mezzo mondo, il penultimo pensiero che ti passa per la testa riguarda le "papparadelle saldate", specialità del locale in cui ti eri rintanato una quindicina di righe fa. Un arcano che andrà svelato. L'ultimo, invece, è che, Melbourne, mi sa che possiamo intendercela io e te.

2 commenti:

  1. Noi la nostra occasione di perdere la dignità l'abbiamo mancata quando non abbiamo fatto quella cosa "ingozzate il cantante"

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  2. Già, abbiamo lasciato passare quel treno, maledizione!

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