...che dopo un viaggio ti aspetti di tornare e scrivere in scioltezza uno di quei post davvero riflessivi, evocativi, belli. Che chi lo legge ci si trova proiettato dentro ai luoghi in cui sei stato, ne coglie atmosfera, odori, sensazioni sottili.
E invece poi non è così che va. Forse sei tu che manchi un po' di spirito. O magari funziona solo in modo diverso.
Un viaggio, per breve che sia, non è un album fotografico ma un intreccio, un gorgo dove tutto si rimescola, si fonde senza confini netti, passa privo di controllo da uno stato all'altro.
E ti piace quando ti sa stupire.
Poi se non altro l'altrove è un buon punto d'osservazione - abbastanza elevato e distante - per poter contemplare sé stessi.
Imparato qualcosa? Probabilmente. Magari a pronunciare qualche parola in una lingua tutt'ora sconosciuta, a guardare oltre la mera superficie delle montagne, ad apprezzare una certa risata col naso arricciato. Magari a chiedere due volte la destinazione di un autobus, prima di salirci spensieratamente a bordo.
Altro? Chissà. Come se ogni insegnamento potesse sempre essere chiaro, netto, catalogabile e descrivibile con lucide parole.
Che squallore sarebbe allora.
No, un viaggio non è un album fotografico ma un fluire e rifluire verso nuovi stati, come onde sulla battigia. Una risacca in cui si spera di essere riusciti, tornando indietro, a coglire qualche granello di sabbia da poter conservare un po' più a lungo con sé.
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