Bisogna risalire fino alla Grecia Classica per rintracciare le origini dello stato di diritto. Di suddivisione del potere tra più entità parlavano già Platone e Aristotele. Un principio dalle radici antiche fondamentale per impedire a uomini senza scrupoli di piegare il potere alla propria volontà.
Da lì nasce la tripartizione dello stato moderno in aree distinte, ognuna col compito di vigilare sulle altre due, porre paletti per impedirne lo sviluppo incontrollato, salvaguardare l'integrità della democrazia. Meccanismo non perfetto, ma meglio di niente. A tutto ciò si aggiunge poi un'altro elemento, il quarto potere: la Stampa.
La stampa "cane da guardia della democrazia": libera, critica e indipendente. Un'entità il cui diritto/dovere fondamentale consiste nel denunciare i trucchi del potere, le sue commistioni, i suoi sporchi traffici.
La situazione dell'antico trittico nell'Italia del 2010 è sotto gli occhi di tutti: potere esecutivo e legislativo in mano al medesimo potentato, affiancati da un potere giudiziario massacrato, delegittimato, attaccato ogni qualvolta, nel fare il suo lavoro, tocca inavvertitamente le sfere degli altri due.
Il quarto potere invece ancora si salvava. Stampa buona e stampa cattiva, certo, ma comunque un baluardo in cui poter riporre un briciolo di fiducia. Una volta faceva paura, la stampa.
I giornali venivano chiusi, le redazioni messe sotto sequestro, armate di sbirri venivano inviate a perquisire stamperie semi-clandestine. Quanti ciclostili sono passati dalle questure negli anni '70.
Poi si capì che l'errore stava nel metodo.
I giornali non andavano chiusi ma finanziati, comprati, fondati. Il pazzo cerca di distruggere la bomba atomica del vicino, il saggio se ne costruisce una propria.
La preoccupazione manifestata da alcuni (la FNSI in primis) per la perquisizione alla redazione del Giornale è ipocrita e assurda. Quello che si spacciava come un quotidiano da tempo non era altro che una milizia. Ben armata, per giunta.
Articoli che suonavano come raffiche di mitra, editoriali che erano colpi di obice. Mine anti-uomo ovunque.
Un giornale che appoggiandosi ad un impero editoriale è riuscito a minare anche il quarto pilastro della democrazia.
L'inizio della storia, come fa notare D'Avanzo su Repubblica di oggi, è concentrato in una frase:
"Risponderò colpo su colpo"
Promessa mantenuta. E' la storia di Veronica Lario accusata di adulterio; di Boffo indicato come omosessuale; del giudice Mesiano e dei suoi calzini azzurri; del mancato dossier su Caldoro progettato da una cosa che venne chiamata P3; delle case a Montecarlo e di chissà quanto altro.
Fino ad arrivare alla Marcegaglia.
La stampa ridotta all'ombra di sé stessa, screditata dall'interno, al servizio di un potere in pieno delirio, arrogante, ipertrofico e privo di controllo.
La stampa entrata in quel porcilaio dove alcuni sono più uguali degli altri e uscitane sporca del medesimo fango.
Un cane da guardia idrofobo, feroce, addestrato a colpire alla gola.
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