8 luglio 2010

Giustificazioni (in un senso o nell'altro)


Alla vigilia dello sciopero dell'informazione indetto dalla FNSI "Il Post" raccoglie le dichiarazioni che i vari giornali pubblicano in prima pagina per motivare la decisione di aderire o meno al suddetto sciopero. Spiegazioni dovute, poichè forse pochi altri argomenti sarebbero altrettanto capaci di spaccare trasversalmente il pubblico.
Peccato che lo sciopero attivo proposto da Paolo Flores D'Arcais non sia passato, forse sarebbe stato anche più efficace.

Colgo l'occasione per riportare qui alcune parole di Gramsci - apparse alcuni giorni fa sull'homepage di PeaceReporter e mutuate da Antonella Beccaria - particolarmente adatte al momento:
“L’indifferenza opera prepotentemente nella storia, opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica la sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta può abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche perquesto: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.“

(Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917)

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