19 aprile 2010

Liberi tutti

Sciacalli contro Emergency


Fin dall'inizio di questa vicenda era scontato che i 3 membri dello staff di Emergency prima o poi sarebbero stati rilasciati. Era solo questione di tempi. E magari di impegno da parte del governo. Ma dopo l'interesse dimostrato dal Napolitano, dagli organismi internazionali e dalla società civile niente potevano le disgustose affermazioni di personaggi del calibro di Gasparri e La Russa.
Il punto è che il gioco della diplomazia prevede sempre un dare e avere, c'è sempre una contropartita.
Questa volta contrappeso per la liberazione dei tre italiani era la chiusura dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah. Emergency non piace. In generale perché cura tutti - come tra l'altro prescritto dalle convenzioni internazionali -, perchè tiene gli occhi aperti, perchè denuncia le violazioni ai diritti umani e le azioni illegali compiute nelle zone in cui opera, perchè, come scrivono Wu Ming, "Quello di Emergency è il più importante gioco di verità sul fronte della sedicente “Guerra al terrore”.". Soprattutto Emergency non piace a chi comanda in quella regione, il ruolo attivo che il suo staff ha avuto nelle trattative coi taliban per la liberazione di Mastrogiacomo e di Torsello non è mai stato visto di buon occhio né dal governo locale né dai britannici che lì guidano la coalizione Isaf.

Dal momento in cui l'ospedale è stato sgomberato non restava quindi che sbrigare le ultime formalità e tutto si sarebbe concluso. Come è stato. A farne le spese sarà chi ora non ha più un ospedale dove portare i feriti che, come prevedibile, aumenteranno adesso che il campo è libero, ora che i militari possono compiere le loro operazioni senza fastidiosi, incorrutibili sguardi esterni. Nella provincia di Helmand è in corso la più vasta offensiva della Nato e degli USA dall'inizio del conflitto in Afghanistan. Adesso chi vive in quella regione si troverà a 600 km di distanza dal più vicino ospedale di buon livello, il più vicino tra gli altri due che Emergency gestisce in Afghanistan.
Resta l'amaro in bocca. Se anche chi si occupa attivamente di contribuire alla pace, o quantomeno di contenere le conseguenze devastanti della guerra, viene trasformato in strumento di ricatto e di trattativa, che speranze restano?

Mi raccomando, date un'occhiata al commento di Wu Ming.

Nessun commento:

Posta un commento